La Lega si smarca "Non ci bastano le scuse di Gheddafi"

Dalla Rassegna stampa

«I nostri su quella motovedetta libica erano nelle condizioni dell'Onu a Srebreniza», cioè hanno rischiato di assistere imbelli a un massacro. Assai riservatamente si sono fatte sentire le altissime gerarchie militari in Senato, dove pure sono state soppesate le parole dell'ammiraglio americano Fitzgerald per il quale mai accadrà quel che Gheddafi ha chiesto nella sua ultima visita a Roma, ovvero che la Us Navy lasci il Mediterraneo. E c'è - forse - anche questo dietro la presa di posizione del Carroccio in Senato che, pur senza mettere in discussione la speciale alleanza Berlusconi Gheddafi, ieri con Stefano Stefani ha alzato la voce, «le scuse di Tripoli non bastano», «si rivedano le regole d'ingaggio dei nostri militari e si risolva una volta per tutte la questione delle acque internazionali». Intanto, Pd e Idv a Palazzo Madama hanno chiesto ieri a Schifani che siano Frattini e Maroni a riferire sulla vicenda del peschereccio smitragliato.
Il caso, per il governo, si potrebbe benissimo chiudere con le parole pronunciate ieri al question time di Montecitorio da Elio Vito, che ha in buona sostanza rimandato la «responsabilità» politica all'accordo sottoscritto con la Libia dal governo Prodi. «Già, ma quell'accordo è diventato operativo solo nel 2009, col trattato di Berlusconi e Gheddafi» obietta la Pd Rosa Villecco Calipari. E durissima è la vicepresidente della Camera Rosy Bindi, che il giorno prima aveva annunciato che sarebbe stato Frattini a riferire in Aula («e se l'ho fatto è perché ne avevamo avuta comunicazione...»), e ha poi visto arrivare non il ministro degli Esteri, ma quello dei Rapporti col Parlamento. «E' gravissimo», dice, «l'accordo è materia di esteri, e invece Frattini e Maroni fanno a scaricabarile. E ancora più grave è che Maroni consideri legittimo sparare sugli immigrati. Devono entrambi venire in Parlamento, lo devono agli italiani».
Il ministro degli Esteri ieri era in realtà a Zagabria e dalla Farnesina, come pure dalla commissione Esteri al Senato dove il giorno prima aveva illustrato le linee di politica europea (sentendosi chiedere dal leghista D'Amico la chiusura di un po' di ambasciate Ue), fanno sapere che il ministro delegato al question time è sempre stato Elio Vito. Ma la linea sulla quale sin qui la Farnesina si è attestata rischia di fornire un assist alle opposizioni, anche perché sin dal momento della discussione del Trattato (votato da larga parte del Pd, ma non dall'Udc e dall'Idv) il governo si era impegnato, accettando il 3 febbraio 2009 l'ordine del giorno del senatore Marcenaro, proprio a riferire periodicamente in Parlamento sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Cosa sinora mai accaduta.
La tensione attorno al caso è altissima e le opposizioni incalzano. Anche Casini: «Prima lo show umiliante di Gheddafi, poi i libici che sparano contro di noi: il governo deve venire in Parlamento a dire la verità». Quasi una rissa tra Franceschini e Cicchetto, col primo che accusa di «sottomissione psicologica a Gheddafi», e il secondo che ribatte «col Colonnello non si può rompere perché può scaricare migliaia di immigrati sulle nostre coste», che è poi proprio quello che il Pdl negava quando a Roma il leader libico chiese all'Europa «5 miliardi all'anno per fermare l'immigrazione». In serata, Franco Frattini ha ribattuto che «l'opposizione non fa l'interesse del Paese». Oggi, in commissione in Senato riferirà Stefania Craxi, ma intanto una nuova interpellanza urgente è stata presentata dai radicali del Pd: Frattini e anche Tremonti in Aula, perché è dal ministro dell'Economia che dipende la Guardia di Finanza.

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