La Lega: rivedere gli accordi con la Libia

Dalla Rassegna stampa

Maggioranza disunita in Parlamento sulla vicenda del motopeschereccio di Mazara del Vallo preso a mitragliate dai libici. Nella Lega nord, in particolare, ci sono diverse scuole di pensiero. 1libici «si sono scusati, è vero, ma in questo caso le scuse non bastano sostiene il presidente della commissione Esteri della Camera, Stefano Stefani (Lega) - bisogna pretendere qualcosa di più». Il governatore del Piemonte, Roberto Cota, applaude invece al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che «sta risolvendo un problema epocale».
Il quotidiano leghista La Padania chiede la revisione delle regole d'ingaggio negli impegni presi con Tripoli. Così arriva la stoccata del responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano: «La Lega si decida: il ministro Maroni giustificava l'attacco dei libici spiegando che la motovedetta era stata scambiata per una nave di clandestini» mentre poi il Carroccio «afferma a gran voce, dalle pagine del giornale del partito, che le scuse non bastano».
Alla camera, dove al question time sulla vicenda riferisce il ministro dei Rapporti con il parlamento, Elio Vito, si scatena la polemica. Idv e radicali attendevano il titolare della Farnesina, Franco Frattini, e Maroni. Il radicale Matteo Mecacci, di fronte all'assenza di Frattini, sostiene che la latitanza del ministro è la prova della «complicità del governo Berlusconi con Gheddafi». Ieri sera Maroni, altri esponenti di governo e di maggioranza ma anche il presidente del Copasir, Massimo D'Alema, erano al ricevimento perle celebrazioni del quarantunesimo anniversario della Rivoluzione Verde presso l'ambasciata della Libia a Roma. Osserva Frattini: «L'opposizione è sempre in mala fede e contro l'interesse dell'Italia in questi casi». E replica anche al vescovo di Mazara e presidente del consiglio per gli Affari Giuridici della Cei, che aveva parlato di «inerzia del governo»: «Monsignor Mogavero - dice il ministro - non è la Cei, è un vescovo con un incarico importante e io non commento la posizione di un vescovo». Vito, in aula, dice che l'attacco al motopeschereccio Ariete «è un fatto molto grave, e c'è il forte impegno perché questi fatti non abbiano a ripetersi». Protesta il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini: «Non si possono subire gli show umilianti del colonnello Gheddafi a Roma, come abbiamo fatto noi, e avere anche le motovedette libiche che sparano contro i nostri pescatori».
Intanto procedono gli accertamenti e le ricostruzioni, tra contrasti e smentite. Da un lato c'è la verità scritta nel verbale della riunione d'inchiesta voluta dal Viminale: si nega che il motopesca mazarese Ariete, mitragliato domenica notte da una motovedetta libica a 30 miglia dalla coste del Paese nordafricano, quindi in acque internazionali, sia stato inseguito. Dall'altro lato c'è la dichiarazione del comandante e dell'equipaggio dell'imbarcazione, Gaspare Marrone, che racconta di «di un tentativo di abbordaggio proseguito per circa cinque ore con raffiche di mitraglia sparate a intervalli di un quarto d'ora-venti minuti».
Tra queste due versioni c'è poi il lavoro della magistratura, che sulla vicenda ha aperto un'inchiesta per tentato omicidio plurimo, ancora a carico di ignoti: sarà la Procura di Agrigento a doversi districare tra le ricostruzioni ufficiali e le testimonianze dei protagonisti a cui da ieri si aggiunge l'esito della perizia balistica del Ris, che ha accertato che i militari libici hanno sparato ad altezza d'uomo. Il procuratore Renato Di Natale ha annunciato che sentirà, come persone informate sui fatti, i sei finanzieri che, in qualità di osservatori, erano a bordo della motovedetta nordafricana. «Al momento - spiega - non ci sono elementi che facciano pensare a un coinvolgimento delle Fiamme Gialle». E sulla correttezza dei finanzieri è intervenuto anche il ministro dell'Interno, secondo il quale sarebbero stati rispettati i protocolli di cooperazione tra Italia e Libia.

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