Lega, dalla rivoluzione al rimpastone. Maroni fa da stampella a Formigoni

Dalla Rassegna stampa

Prima "Roma ladrona", poi il nord. In effetti il colpo d'occhio sul via vai di Bobo è penoso. Quel Maroni che dovrebbe ripulire il Pirellone a colpi di ramazza e che invece entra e esce per tutta la giornata dalla romanissima casermetta del Pdl di via dell'Umiltà, dépendance della vera sede del partito che è casa Berlusconi a palazzo Grazioli, per negoziare sulla spartizione di poltrone, con Alfano, Formigoni e persino con la famelica corrente degli ex An: alla faccia dei lombardi, dei milanesi, della base leghista che chiede di staccare la spina al Celeste e di andare, da soli, al voto anticipato in regione.
«La dea della vendetta ha disvelato la realtà della ideologia leghista, secondo la quale il sud è il luogo votato a ogni esercitazione del maligno»: senza nulla togliere alle auliche parole di Nichi Vendola, più prosaicamente concentrandosi sul suk delle poltrone in corso a destra, si può ben dire che la dea della vendetta sta disvelando un patto a due stadi tra l'attuale capo della Lega Maroni e il vecchio padrone di sempre del Pdl, Berlusconi: a spese di Formigoni e dei suoi fedelissimi in quota Pdl. Le cui fortune – quelle del Celeste accusato di corruzione aggravata e quelle degli affiliati – dopo quattro mandati consecutivi e ben 17 anni di guida della regione sono giunte al termine.
Il primo stadio del patto prevede il rimpastone della giunta (tutti a casa tranne il capo, Formigoni) con spartizione di assessorati tra la Lega e il Pdl che toglierà praticamente tutti i posti ai "formigones" ciellini a vantaggio dei "laici" del Pdl di Paolo Romani che, nell'ora della revanche,intendono mettere a tappeto anche l'ala ex An. Ma c'è anche un secondo stadio, occulto, del patto: un'intesa per dare alla Lega, nella persona di Maroni, la poltrona di governatore della Lombardia.
Formigoni finge di non saperlo e nega, spera che lo scambio avvenga a fine mandato, nel 2015. Berlusconi e Maroni contano di potersi liberare del Celeste anche prima, forse già a primavera 2013 se ce ne saranno le condizioni politiche: cioè anche in forza di un'intesa elettorale nazionale. Ciò detto, patto a uno o due stadi che sia e che potrà essere, resta il dato politico dell'oggi: l'affaire Formigoni-Pirellone è un pessimo guaio per tutta la banda Pdl-Lega dell'ex asse del nord.
È una somma disgrazia per la Lega maroniana miracolosamente sopravvissuta agli scandali dell'era Bossi, colta dalla tempesta in mezzo al guado e costretta sull'onda di nuovi scandali padani – ultimo l'arresto dell'assessore del Pdl Domenico Zambetti accusato di aver comprato voti dalla 'ndrangheta – a barcamenarsi e a pasticciare compromessi col Pdl morente, senza poter rimandare le proprie scelte locali e nazionali a gennaio, come avrebbe sperato di poter fare Maroni.
È una orrenda disgrazia, che s'aggiunge all'interminabile lista di catastrofi, in casa Pdl: perché c'è una parte irrazionale di Berlusconi che gongola carezzando il pensiero di potersi liberare del detestato Formigoni e di intascare un accordo con la Lega, ma nel frattempo la parte razionale del Cavaliere assiste con sgomento all'ultimo atto della dissoluzione del Pdl nell'ex culla e roccaforte di Lombardia.
Gli improbabili ruggiti della Lega delle ultime ore si sono trasformati in miagolii, com'era nell'aria e come Europa aveva anticipato: ieri, dopo ore e ore di tira e molla sul numero degli assessori (pare saranno 8 di cui tre leghisti, due "laici" pdl, due ex An, uno solo ai formigones), il trio Maroni-Alfano-Formigoni ha annunciato che la giunta sarà dimezzata e azzerata: spacciando un rimpastone per un azzeramento che non c'è, visto che il capo della giunta – l'indagato Formigoni – resta incollato al suo posto. Tutto come previsto, nessun colpo di scena: un teatrino con gioco delle parti il cui copione, secondo rumors, era stato scritto due giorni fa da Maroni e Berlusconi: prima ancora che Salvini convocasse un vertice leghista per tuonare: azzeramento o si va al voto. Era una sceneggiata. Diceva ieri Formentini, ex sindaco leghista di Milano: «La posizione della Lega sarà fermissima, non basterà un azzeramento della giunta». Sbagliava di grosso. I mille, anche oscuri, fili di complicità che ieri incatenavano Umberto Bossi a Berlusconi oggi legano come un salame anche Maroni: forse persino più del Senatùr.

 

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