Lega che vince comanda ma non rompe. Anzi funge da stabilizzatrice

Dalla Rassegna stampa

"Se Berlusconi e Fini dovessero divorziare, come non credo, sarebbe una catastrofe. L'occasione è storica: dobbiamo fare il federalismo. La Lega, dopo le regionali, avrà un preciso ruolo di stabilizzazione".
Dice così Federico Bricolo, il capogruppo della Lega in Senato, manifestando la preoccupazione che nel partito di Umberto Bossi provocano sia le convulsioni interne al Pdl sia il rischio latente di un conflitto tra presidenza del Consiglio e presidenza della Repubblica.
Se all'apparenza Bossi e i suoi negli ultimi giorni hanno alzato i toni criticando la gestione di Roberto Formigoni in Lombardia e persino fischiando in Aula Gianfranco Fini - inducendo così qualche osservatore a descrivere una distanza incolmabile tra i padani, Fini e una parte del Pdl - in realtà le cose sono un po' diverse. Le intemperanze, spiegano anche dal quartier generale di via Bellerio a Milano, sono dovute alla contingenza elettorale e allo sforzo impresso dalla Lega nel tentativo di superare il partito berlusconiano in Lombardia e in Veneto. Nell'ottica di Bossi e del suo stato maggiore, la vittoria di Roberto Cota in Piemonte, di Luca Zaia in Veneto e il sorpasso ai danni del Pdl in Lombardia ben valgono una strategia di distanziamento puntuto dall'alleato; tanto più se, come spiegano i padani, la vittoria al nord permetterà, dopo le regionali, di modificare a proprio vantaggio gli equilibri nazionali. La Lega, come dimostra l'infaticabile attività di Roberto Calderoli, tiene a Gianfranco Fini come a Giorgio Napolitano, considerati un asse da salvaguardare a garanzia dell'approvazione quanto più possibile condivisa
con le opposizioni del federalismo fiscale e, in prospettiva, di quello istituzionale.
In molti tra i deputati del Pdl, ieri in Transatlantico, annuivano di fronte a questa analisi, ricordando che nel 2004 i problemi di coalizione iniziarono proprio con la malattia e la momentanea assenza di Bossi.
Il patto di sangue tra il leader padano e Berlusconi è apparentemente inscalfibile e certo più sincero dell'interesse strategico nutrito nei confronti del presidente della Camera, eppure Bossi ha più volte voluto manifestare anche in privato simpatia per Fini ("fa bene il suo lavoro" e "credo abbia imparato molto da "Tatarella"). D'altra parte non è passato inosservato dalle parti della Lega l'impegno di Fini affinché i lavori della bicameralina sul federalismo fiscale iniziassero prima delle regionali (mercoledì si è tenuta la prima riunione). Così come non è un dettaglio che il cofondatore del Pdl, ieri, abbia definito ancora una volta "irrinunciabile" la riforma carissima al partito nordista. Un atteggiamento di reciproco interesse confermato dal cauto riavvicinamento
di Giulio Tremonti a Fini: saranno insieme il 20 aprile a un seminario sull'immigrazione organizzato dalle rispettive fondazioni. Dice, da osservatore, il finiano Benedetto Della Vedova: "E' evidente che la Lega abbia bisogno di un quadro stabile per dispiegare la propria strategia". Insomma il leghismo di lotta, dopo le regionali, avrà un ruolo di governo decisivo anche nel placare i risvolti umorali della coabitazione del Cav. e Fini nel Pdl.
 

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