L'ecologia dei piccoli gesti

Dalla Rassegna stampa

L’hanno già so­prannominata Flopenaghen.
La capitale da­nese doveva diventare il luogo-simbolo di un rinno­vamento epocale nelle poli­tiche ambientali: sembra invece destinata a essere ri­cordata come la città del fallimento nella breve sto­ria delle conferenze inter­nazionali sul clima. «Tanti saluti da Copenaghen» po­trebbe essere la scritta sot­to le foto dei delegati ad­dormentati sulle scrivanie. Dopo due settimane di ne­goziati — e dopo aver attra­versato oceani di retorica ecologista — 100 leader mondiali hanno infatti rag­giunto un accordo che è stato giudicato da scienzia­ti e ambientalisti «meno del minimo» a cui si pote­va aspirare.

Bill Emmott, sul Corrie­re di ieri, ha contestato questa lettura sottolineando come l’intesa (pur non vincolante) «riconosciuta » da tutti gli Stati presenti alla Conferenza Onu costituisca un primo passo politico fondamentale: solo negli ultimi cinque anni — ha scritto Emmott — molti governi hanno cominciato a prendere sul serio i rischi di un profondo cambiamento climatico. E’ già tantissimo, quindi, aver coinvolto Cina, India, Brasile e Sudafrica accanto all’America. Potremo giudicare con il tempo chi ha interpretato meglio il valore delle tre pagine scarse in cui è stato raccolto il «Co­penhagen Accord», ma — in attesa del secondo e del terzo passo che i Paesi e le organizzazioni internazio­nali sapranno o vorranno compiere — chiediamoci sin d’ora che cosa possia­mo fare noi nella semplici­tà delle nostre vite quoti­diane.

Una catena di piccoli ge­sti può essere la risposta a Flopenaghen . Certo, non basterà a fermare il cam­biamento climatico, a ri­durre le emissioni, a tene­re il riscaldamento del Pia­neta sotto la barra dei 2 gradi, ma se non altro farà crescere una coscienza eco­logica diffusa che alla fine arriverà a premere sulle scelte dei governi e troverà spazio tra le righe dei docu­menti ufficiali. Nessuna trincea fondamentalista, piuttosto un codice indivi­duale di cose possibili. Dal­la doccia del mattino a tv e stereo spenti di notte, dal­l’abitudine a non lasciare accesa la luce quando si ab­bandona una stanza al flus­sometro per il controllo dei consumi di acqua, dal­la raccolta differenziata da rispettare in casa come in ufficio a una maggiore at­tenzione per il cibo che spesso sprechiamo come se non rappresentasse più un valore. Si può cercare di diventare eco-sostenibi­li senza dover rinunciare a nulla, al contrario acqui­sendo un’ecologia dei ge­sti quotidiani che aumente­rà il nostro senso di re­sponsabilità personale e di conseguenza il benessere reale delle comunità alle quali apparteniamo.

Un risultato è garantito: questa rivoluzione sempli­ce, questo ripensare le no­stre giornate riscattandole dalla superficialità e dall’in­curia migliorerà la qualità della nostra cittadinanza e irrobustirà il nostro senso civico oggi messo alla pro­va da ogni rifiuto gettato per strada come da ogni at­to di maleducazione. Basta poco. Ma è moltissimo.

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