Il lavoro a scadenza

I giornali, tutti, hanno in questi giorni dedicato editoriali e lunghe pagine alle esternazioni di un ministro, al margine di un convegno, sulla desiderabilità del «posto fisso». Sono, invece, passate del tutto in secondo piano altre informazioni. Informazioni rilevanti per capire come si può davvero affrontare il problema dell´instabilità dei rapporti di lavoro nel nostro Paese. Sono dati che da tempo, anche su queste colonne, chiediamo vengano resi pubblici. E che invece il «sistema informativo integrato dei ministeri del lavoro e dell´economia e dei soggetti vigilati» (istituito con l´articolo 11 del decreto legge 78, 2009) si ostina a tenere per sé. Si tratta delle «comunicazioni obbligatorie» rese dai datori di lavoro quando assumono o licenziano un dipendente. Permettono di monitorare, giorno per giorno, mese per mese, in tempo reale, le dinamiche del nostro mercato del lavoro: quanti nuovi rapporti di lavoro vengono creati e quanti distrutti e soprattutto dove e di che tipo. I pochi dati sin qui trapelati, grazie ad una nota del centro studi della Uil, ci dicono quattro cose importanti. Primo, sin qui le imprese hanno ridotto gli organici soprattutto congelando le assunzioni (diminuite di un terzo dal giugno 2008 al giugno 2009). Secondo, a differenza di precedenti recessioni, c´è stato comunque un vistoso incremento dei licenziamenti (le cessazioni di lavoro sono aumentate del 10 per cento nello stesso periodo) quasi esclusivamente concentrati su prestazioni temporanee (contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione, tirocinio e apprendistato). Terzo, ormai nel nostro mercato del lavoro si assume quasi solo con contratti temporanei: 4 nuovi rapporti di lavoro su 5 vengono istituiti fissando una data di scadenza, spesso molto breve. La percentuale sarebbe ancora più alta se si tenesse conto che molti contratti formalmente a tempo indeterminato per le badanti sono in realtà contratti che possono essere interrotti da un momento all´altro. Quarto, solo il 3 per cento di questi nuovi contratti temporanei è stato trasformato in contratti a tempo indeterminato durante la crisi.
Questi dati fanno capire che il dualismo del nostro mercato del lavoro diventa sempre più forte. Per questo chi vuole aumentare la stabilità dei rapporti di lavoro deve oggi, al più presto, riformare i percorsi di ingresso nel mercato. Nella crisi e nel dopo-crisi, infatti, rischiamo di perdere intere generazioni di lavoratori qualificati che, assunti solo con contratti temporanei, non ricevono adeguata formazione in azienda e diventano così manodopera di riserva, di cui disfarsi al primo calo degli ordini. Era tutto prevedibile ed era stato previsto perché è esattamente quanto avvenuto nello scorso decennio in Giappone e in Svezia che hanno conosciuto prima di noi una lunga e profonda crisi scaturita dai mercati finanziari. Le imprese, quando prevale l´incertezza, smettono di assumere con contratti a tempo indeterminato. Solo una ripresa forte e sostenuta potrebbe convincere i datori di lavoro ad offrire contratti senza scadenza. Ma sin qui questa ripresa non si vede. La forte crescita della produzione industriale nel mese di agosto è andata di pari passo a un ulteriore calo di fatturato e ordinativi negli stessi comparti. Molte imprese sono tuttora del 20-30 per cento al di sotto dei livelli di attività precedenti la crisi. Inoltre l´andamento contrastante di produzione e ordini fa pensare che potrebbe trattarsi solo di un fenomeno temporaneo di ricostruzione delle scorte destinato ad esaurirsi rapidamente se non ripartirà la domanda. Anche quella internazionale, altrove in aumento, non sembra rivolgersi verso il nostro paese, dato che continua il calo delle nostre esportazioni.
Sperando che le cose vadano meglio in futuro è bene comunque pensare a come evitare che il nostro mercato del lavoro crei solo posti di lavoro con una data di scadenza. Ci piacerebbe che il governo si limitasse ad esternare i dati di cui dispone anziché lasciar cadere vaghe, estemporanee e fra di loro contraddittorie dichiarazioni su problemi vissuti da milioni di italiani. E che lavorasse in silenzio, sfruttando la nuova consapevolezza della gravità del problema del dualismo che si avverte nel sindacato e tra le piccole imprese, per porvi rimedio. È una consapevolezza che oggi c´è anche all´opposizione. Se i candidati alla guida del Pd definissero tutti con maggiore precisione il contenuto delle loro proposte per affrontare il dualismo, il voto del popolo delle primarie sarebbe ancora più informato.
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