Lavoro, Articolo 18: parte la mina del referendum

Che si volesse sposare lo aveva già detto. Così come aveva spiegato di non volere in nessun modo la riforma dell’articolo 18. Il romantico Vendola non demorde, e proprio per questo tutto intorno a lui il centrosinistra ribolle. Le sue fughe in avanti su questioni etiche e lavoro hanno fatto alzare ancora una volta gli scudi ai cattolici democratici a partire da Rosy Bindi ed Enrico Letta, e messo in difficoltà il segretario Pd. Tant’è che anche Follini lo ha fulminato: "E’ incompatibile con Bersani".
"La foto di Vasto — ecco il Vendola pensiero — era una foto modesta perché eravamo tre maschi, quindi mancava metà dell’Italia; eravamo tre capi di partito, quindi mancava la società civile. Era una simpatica illusione". C’è di più. Se per Vendola Casini resta "incompatibile con Sel e con i sogni di una generazione", l’Italia di Bersani "è un progetto interessante", ma i distinguo restano parecchi e tutti sotto la luce del sole. Come gli scatoloni con le firme per il referendum sull’abrogazione della legge Fornero che ieri mattina proprio Vendola, con Di Pietro, Diliberto (Pdci), Ferrero (Prc) e Bonelli (Verdi) hanno presentato in Cassazione. Una mossa che ha fatto alzare l’ennesimo polverone all’interno del Pd e imbufalire Rosy Bindi: "Non firmerò mai quei quesiti perché alla riforma del lavoro abbiamo contribuito anche noi come Pd". Stesso tono da Enrico Letta e Francesco Boccia.
Un’altra grana per Bersani alla vigilia di una difficile campagna elettorale interna contro Renzi. Anche perché sia Vendola sia Di Pietro sono apparsi molto decisi ("oggi, insieme ad altre forze politiche e sociali — ha detto l’ex pm — abbiamo detto sì alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini per quanto riguarda il lavoro, e abbiamo tracciato la linea del programma"), e perché nel Pd qualcuno (Sergio Cofferati e Vincenzo Vita) ha sottoscritto l’iniziativa. Dal canto suo, il ministro del Lavoro Fornero si dice per niente "preoccupata dal referendum: il referendum è democrazia". E proprio nelle stesse ore in cui Bersani tuonava contro l’ipotesi di un nuovo sistema elettorale "seccamente proporzionale" ("se la vedranno con noi!"), per il leader di Sel la questione più importante appariva un’altra. Il lavoro, certo. Ma anche il suo matrimonio. "E’ anche bello — ha proseguito parlando del suo sogno coniugale — costruire un momento solenne di festa, di assunzione di responsabilità di fronte alla propria comunità.
La ritualizzazione dei progetti d’amore appartiene alla storia della civiltà. I sogni d’amore si coronano con i fiori d’arancio, il lancio dei confetti e anche dentro un rito fatto di parole impegnative. Quelle dette sull’altare dal prete: 'Nella buona e nella cattiva sorte, finchè morte non vi separi'; può essere bello o indifferente, ma deve essere per tutti. Omo o etero, ognuno deve decidere per quello che gli pare, ma deve avere lo stesso ventaglio di chance". Persino nella genitorialità. Che è, a suo dire, è un fatto "culturale". E il vero padre "non lo definisce il seme, ma lo desumi dalla qualità della relazione e dalla capacità di crescere un bambino". Il solco con i cattolici piddini, dunque, pare inesorabilmente allargarsi, anche se Vendola rivendica, con le sue uscite "etiche", di aver "polarizzato il dibattito attorno a due alternative: matrimonio gay o riconoscimento delle coppie di fatto: è un formidabile avanzamento". Come il suo progressivo smarcamento dal Pd, davvero formidabile.
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