L'autunno della primavera

Dalla Rassegna stampa

I giornali e le televisioni (soprattutto le televisioni) riportano sempre con grande evidenza le notizie sulle manifestazioni di piazza, sulle rivolte di strada, sulla coreografia della ribellione. Ma poi, quando il popolo in rivolta torna a casa, è il momento del silenzio, dell'indifferenza, della disattenzione. La piazza attira. Il rientro della normalità è noioso. Nessuno si interessa a quello che succede dopo. Gli esiti di una rivoluzione sono ignorati. Nelle stanze del potere possono accadere le cose peggiori, ma senza la scenografia della piazza i riflettori si spengono, i computer, le comunità di Twitter e di Facebook tacciono. Come sta accadendo con la "primavera araba". Nuovi scontri al Cairo, e di nuovo l'attenzione del mondo sull'Egitto. Ma nei giorni prima, nessuna attenzione al post-defenestrazione di Mubarak? Mistero, i media del mondo ne parlavano poco o non ne parlavano per niente. E nella Tunisia liberata dal tiranno cosa sta succedendo, esattamente? Piazza Tahrir si era svuotata: silenzio. Si riaccende: e riparte l'altalena dell'attenzione. Però aveva suscitato una reazione molto blanda e cinicamente indifferente la notizia che alle ragazze egiziane i neo-fondamentalisti stessero imponendo i test sulla verginità. O quella sulle procedure sommarie, da nazione dittatoriale ignara di qualunque principio di Stato di diritto, con cui venivano e vengono condotte le indagini contro il clan di Mubarak. Non si diceva nulla sulla prepotenza capillarmente esercitata dalle frange più radicali dei Fratelli Musulmani, l'unico gruppo strutturato che alle prossime elezioni con ogni probabilità conoscerà un trionfo. Né sulla mancanza di libertà di stampa e sul fatto che la libertà d'opinione non è salvaguardata, e che le donne dell'Egitto non stanno godendo di una grande ed esaltante "primavera" dei diritti. E questo mentre i giornali di tutto il mondo, non elettrizzati dalla folla, non parlavano più della "primavera" araba. Una primavera che aveva suscitato grandi speranze in una nuova stagione di democrazia e di libertà. Ma quando il festival dei colori e degli slogan e dei suoni e delle folle chiude i battenti, è proprio lì che bisognerebbe avere più informazione.

È accaduto invece il contrario e i media si risvegliano solo quando piazza Tahrir diventa di nuovo un palcoscenico. L'Egitto viene lasciato a se stesso (solo Emma Bonino e pochi altri se ne sono occupati con una certa continuità) proprio mentre dovrebbe essere circondato dall'attenzione internazionale. Ora la piazza fa di nuovo spettacolo. Sperando che la primavera non si intristisca presto in un autunno.

© 2011 Sette (Corriere della Sera). Tutti i diritti riservati

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