L'archivio di Radio Radicale è un monumento da tutelare

Dalla Rassegna stampa

Continuerà, con finanziamento pubblico, la consolidata trasmissione di sedute parlamentari su Radioradicale. È stata la soluzione migliore o non si sarebbe potuto agire diversamente? Dopo il via libera della commissione bilancio, è scontato che anche l`aula del senato approverà il finanziamento per il rinnovo della convenzione con Radioradicale (le firme all`emendamento originario erano di senatori tanto di maggioranza quanto di opposizione). Nonostante la reiterata affermazione di non concedere strada aperta a emendamenti settoriali, si è proprio scelta una proposta emendativa assommante una lunga serie di richieste di svariata provenienza. Come sempre, sono altrettante offerte date a questo o a quel parlamentare o gruppo o lobby. In verità, il vero servizio pubblico e, in prospettiva, storico nel senso nobile dell`espressione, Radioradicale lo esercita tramite il suo corposo archivio. Non si tratta delle registrazioni delle sedute parlamentari, perché, in fondo, anche i siti di camera e senato offrono o possono offrire identico servizio (e la trasmissione in diretta potrebbe, in sé, essere assegnata ad altri, piuttosto che alla radio pannelliana: vedasi Gr parlamento). Si tratta, invece, del mare magnum di riunioni, convegni, sedute, interviste, relative a svariatissimi argomenti, temi, personaggi, istituzioni. Non esiste un archivio, nemmeno fuori d`Italia, paragonabile a quello di Radioradicale, per estensione e utilità. Chi voglia risentire una seduta del Csm, un convegno di una corrente di partito, la presentazione di un libro, un dibattito politico, una manifestazione sindacale, un incontro culturale, non ha che da cercare sul sito radioradicale.it. Ebbene, perché il ministero per i beni e le attività culturali non prende atto del rilievo che già possiede questa documentazione e che, col passar degli anni, sempre crescerà, vuoi per il trascorrere del tempo e quindi del valore storiografico delle registrazioni, vuoi per le nuove acquisizioni? Il codice dei beni culturali (dlgs n. 42 del 2004) inserisce fra i beni culturali «le documentazioni di manifestazioni sonore o verbali comunque registrate, la cui riproduzione risalga a oltre venticinque anni» e «gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante». La strada sarebbe di dichiarare l`«interesse culturale» dello specifico «bene culturale» costituito dall`archivio di Radioradicale, per l`indubbia utilità storiografica che esso riveste. Facciamo un esempio. Quando, fra anni, qualcuno volesse studiare la diaspora dei partiti della prima repubblica, finiti in minuscoli rivoli, disporrebbe all`evidenza di scarsi documenti. Troverebbe, però, nell`archivio della radio le registrazioni di riunioni, dibattiti, convegni promossi dalle microformazioni nate da quella dispersione. Non solo. Quel che si dice a voce è diverso da quel che si riporta in un verbale ufficiale o in un resoconto, specie se sommario. E che dire dei processi? o delle riunioni del Consiglio superiore della magistratura? Si noti bene che il codice consente al ministero l`elargizione di contributi ai privati per il restauro e la diffusione dei loro beni culturali. Ecco, quindi, che avrebbe più senso una cifra data a Radioradicale per l`opera, d`interesse pubblico, che essa svolge registrando e divulgando (per radio e in rete) tanti documenti, più che non per la diffusione stessa nell`etere delle sedute parlamentari. Quest`ultima attività può essere svolta, ed è in parte svolta, da altri. Quella dell`archivio, viceversa, è un unicum, anche culturale, che meriterebbe un intervento pubblico per la conservazione, la tutela, la diffusione e l`incremento.

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