L'Ancot torna a protestare sui contributi silenti

Dalla Rassegna stampa

L'Ancot torna a protestare per i contributi silenti. Il problema interessa direttamente i consulenti tributari relativamente alla propria gestione previdenziale oltre ovviamente a quella di tanti altri lavoratori che non hanno una propria cassa previdenziale di riferimento e quindi versano i propri contributi alla gestione separata dell'Inps. Il problema dei contributi silenti, ossia dei contributi versati dal lavoratore nel corso della propria carriera lavorativa che non danno luogo ad alcun trattamento pensionistico, trae origine dalle norme del nostro ordinamento che disciplinano l'accesso alla pensione e le modalità di calcolo dei trattamenti. Il problema riguarda ormai quasi tutti i lavoratori ai quali si applica il sistema contributivo, in quanto la legge prevede un limite minimo di contribuzione. Ciò significa che un lavoratore con una anzianità contributiva inferiore a tale soglia non avrà diritto ad alcuna pensione. È il caso, per esempio, delle persone che hanno interrotto l'attività lavorativa perché, perso il lavoro, non sono riuscite a ricollocarsi sul mercato o sono state costrette ad accettare lavori in nero, o di tante donne che hanno interrotto l'attività per poter accudire i figli o gli anziani. «Anche quest'anno, ha detto Marinelli, «abbiamo deciso di sostenere le azioni di sensibilizzazioni che i Radicali italiani insieme a CoLap e ad altre associazioni hanno deciso di attuare nei confronti delle istituzioni. Sull'argomento, in proposito, verrà organizzato un incontro alla camera dei deputati con l'obiettivo di avere un confronto con i politici». L'Ancot ha preparato proprio sui problemi relativi alla gestione previdenziale e in particolar modo sui contributi silenti un apposito studio. «Presenteremo la nostra analisi», ha detto il presidente, «che racconta l'evoluzione della gestione sperata nel nostro paese nata come un sistema che doveva assicurare un trattamento previdenziale a chi non ha una cassa di riferimento mentre nel corso degli anni questo progetto è stato snaturato diventando addirittura vessatorio per i lavoratori stessi». Attualmente infatti gran parte dei contributi previdenziali dovuti alla gestione separata dell'Inps dai parasubordinati, dai precari o da coloro che esercitano professioni non regolate da ordini professionali, vengono versati a fondo perduto: se non si raggiunge il minimo richiesto dalla legge per maturare la pensione (il che accade sempre più spesso, dati i lunghi periodi di disoccupazione o lavoro nero), quei contributi vengono usati per pagare le pensioni di altri, ma non danno diritto ad averne una propria. E anche quando si matura il minimo di contribuzione richiesto, la pensione ottenuta non supera le poche centinaia di euro dell'assegno sociale. Intanto, secondo le rilevazioni effettuate dai Radicali italiani la gestione separata dell'Inps ogni anno incassa 8 miliardi di euro di contributi, ma eroga solo 300 milioni di euro di prestazioni.

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