L'amaca

Ho visto Angelino Alfano a "Ballarò", l'ho visto difendere strenuamente il suo indifendibile capo, parlarne come da vivo, fingere (o credere davvero) che non si stia facendo i conti, tutti quanti assieme, con un uomo disarcionato dal proprio destino, deriso nel mondo, e ormai spregiato più che odiato dalla maggioranza dei suoi concittadini. Mi sono chiesto (e non ho trovato risposta) quali moti dell'animo, quali calcoli, quali speranze possano animare uno stato maggiore che ha come leader un uomo bruciato dagli eventi, e soprattutto da se stesso. Fedeltà? Tracotanza? Cecità? Coerenza? Interessi personali? Generosità umana? La nobiltà dello scudiero che non tradisce o l'ignobiltà del servo che rimane attaccato al padrone finché può ricavarne qualche agio e qualche protezione? Giuro che non lo so, né credo che lo sappiano gli stessi protagonisti, perché l'animo umano è complicato e la storia ne dispone spesso con molta brutalità. Certo è, però, che sentendoli parlare come se niente fosse della prossima candidatura di Berlusconi alle elezioni, viene voglia di scuoterli delicatamente per le spalle, come si fa con i sonnambuli e le persone in deliquio, e dire loro: «Si svegli! La prego, signore, si svegli. Prenda una boccata d'aria, guardi dalla finestra, faccia due passi. E ricominci a vivere in mezzo a noi».
© 2011 La Repubblica. Tutti i diritti riservati
SU