L'amaca

Luigi de Magistris, eletto sindaco di Napoli a furor di popolo, e con grave smacco dei vecchi potentati di destra e di sinistra, si è tolto subito il peso del primo errore e ha imparato, di conseguenza, la prima lezione: mai promettere soluzioni rapide e miracolose, perché le piaghe vecchie di molti anni non si rimarginano per acclamazione. La realtà è un osso duro, e si incarognisce soprattutto con chi si illude di ignorarla. Le cordigliere di monnezza che ancora circondano Napoli sono il portato di un tenace, stratificato mix di errori politici, truffe e speculazioni, deficit di cultura civica. Meglio sarebbe stato (anche per distinguersi dal vecchio andazzo) dire «ce la metteremo tutta, ma non sono in grado di promettervi un D-day miracoloso, siamo nella merda fino al collo e per liberarcene davvero ci vorrà il lavoro di anni, forse di generazioni». Perché de Magistris non lo ha fatto? Forse per il comprensibile entusiasmo del neofita, forse perché il meccanismo pavloviano frase virtuosa-ovazione della folla, che in campagna elettorale ha il suo peso, è un meccanismo difficile da disinnescare. Il giovane sindaco ha più di mezza Napoli (e di mezza Italia) dalla sua parte. Lavori molto, non prometta nulla e forse riuscirà a farcela.
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