L'amaca

Meriterebbe una medaglia al valor civile la barista di Cremona che ha staccato la spina ai suoi videogiochi, stanca di assistere alla rovina dei suoi clienti. Non tutti gli esercenti sono nelle condizioni di farlo, perché il gioco d'azzardo al dettaglio spesso è controllato dalla malavita, e avere le infernali macchinette nel proprio locale in alcune città e in alcuni quartieri non è un'opzione, è un obbligo. Ma anche laddove l'azzardo spicciolo sia perfettamente legale, è diventato una piaga sociale di primo livello, spremitura dei deboli, deriva psichica, distruzione di vite individuali e familiari. Si chiama "ludopatia", si valuta che i casi conclamati siano almeno un milione (!), associala pulsione all'azzardo con la dipendenza da videogame (che è implacabile, e altamente dannosa, anche senza esborso di denaro). E una malattia che si trasmette attraverso i computer, i videopoker e le slot del bar sotto casa, e le martellanti campagne pubblicitarie (testimonial famosi calciatori, e intere squadre di calcio sponsorizzate da siti per il gioco on line). Almeno la pubblicità, come per le sigarette, non potrebbe essere vietata?
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