L'amaca

L'orrido elettorale è una categoria antica, di manifesti e gadgets ridicoli i giornali fanno incetta da molti lustri, e fin dai tempi del "Votantonio" di Totò la vanità (e dunque la fragilità) del candidato è un classico del costume politico nazionale. Ma si trattava, sempre, di incidenti dovuti a goffaggine o ignoranza, del tutto preterintenzionali. Cioè: non lo facevano apposta. Oggi colpisce l'orgogliosa intenzionalità con la quale alcuni candidati (in genere giovani, sia detto fuor di polemica) adoperano l'allusione triviale o la battuta pacchiana, per esempio il tizio che si candida solo perché di cognome fa Pilu e dunque può scippare a Laqualunque lo slogan "Pilu per tutti", o quello che scrive a caratteri cubitali "scopiamo" sul suo manifesto, e di sotto, molto in piccolo, chiarisce che si tratta di scopare via la vecchia politica.
Chi pensa che l'Italia è sempre la stessa probabilmente non ha tutti i torti, ma dimentica di dire che prima se ne vergognava, oggi impugna tutte o quasi le sue menomazioni civili e culturali con ridente sollievo. Il successo di Berlusconi non ha niente di arcano o di inspiegabile, molti italiani gli sono grati per avere innescato un irresistibile processo di autoassoluzione nazionale, se è il premier a pronunciare la battuta sconcia, e a fare le coma nelle foto ufficiali come un goliardo, anche il candidato Pilu si sente finalmente libero di scendere in campo.
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