L'allarme dell'Italia «Pronti a favorire il dialogo nazionale»

Quanto i sussulti libici preoccupino il nostro governo, lo dimostra il vertice ad hoc convocato ieri mattina a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Enrico Letta e al quale hanno preso parte il vicepremier e ministro degli Interni Angelino Alfano, i titolari degli Esteri e della Difesa Emma Bonino e Mario Mauro, i sottosegretari Filippo Patroni Griffi e Marco Minniti. L’affaire Ali Zeidan conferma l’allarmante instabilità politica della Libia. E il «compiacimento» dell’Italia per il rilascio del primo ministro a poche ore dal rapimento, è solo un fuggente attimo di sollievo: nella nota emessa al termine della riunione viene ribadita infatti «la ferma richiesta del governo italiano di un pronto ristabilimento della legalità nel Paese e dell’avvio di un effettiva azione di dialogo tra le diverse componenti della società libica». Una formula dietro la quale traspare tutta la fragilità dell’attuale dirigenza di Tripoli, esposta a un’Assemblea sempre più riottosa e fagocitata Petrolio dai gruppi islamici, ai venti secessionisti che soffiano dalla Cirenaica, al ricatto armato delle milizie.
«L’Italia - continua la nota di Palazzo Chigi-, in stretto raccordo con i partner europei e internazionali, intende fornire il proprio forte sostegno a iniziative volte a favorire la riconciliazione nazionale, al fine di ripristinare al più presto condizioni di vita sicure per la popolazione, in grado di consentire la piena ripresa delle attività economiche, con particolare riguardo al settore energetico». Quello all’energia è un riferimento cruciale. Il caos politico e militare sta avendo infatti un effetto devastante sull’industria petrolifera, che avrebbe dovuto fornire le risorse economiche per la rinascita del Paese: in pochi mesi la produzione di greggio, di cui la Libia possiede le maggiori riserve in Africa, è scesa da 1,2 milioni a 600 mila barili al giorno. Uno sviluppo inquietante per l’Italia, che acquista da Tripoli un quarto delle sue importazioni di petrolio. Il governo di Roma «continuerà a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della situazione, anche sotto il profilo del monitoraggio delle condizioni di sicurezza dei nostri connazionali. Da parte sua il Ministro della Difesa è impegnato a rafforzare il dispositivo di controllo della navigazione del Mediterraneo». L’ultimo riferimento è all’azione della Marina Militare, che sta aumentando le unità navali impegnate nel pattugliamento del Canale di Sicilia, come misura preventiva per far fronte all’intensificarsi dell’immigrazione, che la crescente instabilità in Libia potrebbe innescare. Una richiesta al governo di riferire in Parlamento sui fatti di Libia è stata formulata ieri da due deputati del Pd, Enzo Amendola e Khalid Chaouki, entrambi membri della Commissione esteri della Camera.
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