Laicità rifondata

Dalla Rassegna stampa

Sfoglio "Les Caractères" di La Bruyère appena comperato, un capolavoro. La Bruyère appartiene alla schiera dei grandi moralisti francesi del XVII-XVIII secolo, assieme a La Roehefoucauld, Vauvenargues, Chamfort e, un po' prima, Montaigne. Rispetto agli altri, l'autore dei "Caractères" sembra particolarmente interessato ai costumi, ai comportamenti, se si vuole ai vizi ridevoli più che alle compassate virtù di un ceto sociale ben determinato: quello delle élite del potere.
La Rochefoucauld o Vauvenargues cercano di darci un ritratto morale dell'uomo considerato soprattutto - direi - come specie, La Bruyère si compiace nel ritrarre figure e figurine realmente esistenti, tratte di peso dalla sua cerchia sociale, quella dei carrieristi dì corte (lui non lo era, magari). Una mia amica, esperta di letteratura francese, mi bacchetterà, ma io penso che in La Bruyère si concluda la storia della ricerca sull'etica umana di stampo classico, tesa a definire l'interiorità dell'uomo, cangiante ma anche eterna e immutabile. In certo modo, credo, La Bruyère "laicizza" la ricerca della morale, dell'etica: dalle sfere universali la fa cadere nel "particolare" più minuto. Potremmo definirlo un continuatore del Guicciardini, che a differenza di Machiavelli - autore di grandi ritratti metastorici alla maniera di Livio considera l'uomo nella sua "effettualità", con i suoi privati interessi coltivati grazie all'arte della "prudenza", del sapersi muovere con opportunismo e pragmatismo nelle intricate vicende sociali e politiche. Un uomo che fa a meno di Dio, insomma, con la sua legislazione universale: più che gli imperativi morali, valgono per lui le "massime", i precetti, i "consigli e avvertimenti" di cui parla il Guicciardini, Così anticipa di un secolo la "laicizzazione" della società che viene di solito imputata all'illuminismo. Ma il processo di laicizzazione è già evidente in Montaigne, e negli altri moralisti ricordati. Tutti costoro indagano sulle passioni, moti interiori che Cartesio attribuiva in larga misura al corpo, "res extensa", "macchina" pur se perfettissima, materia. Siamo già nell'alveo nel quale incontreremo (a mia conoscenza) Choderlos de Laclos e Goethe, per i quali le passioni sono inconsce. Dobbiamo proseguire anche noi, oggi, sulla strada che ci viene così autorevolmente tracciata, per capire e muoverci da laici sgombrando definitivamente la mente di ogni residuo metafisico-religioso, e innanzitutto liberandoci della chiesa o delle chiese? Più ci penso, utilizzando quel tanto di esperienza fatta da radicale (ma non solo) che ha dovuto riflettere sulle questioni della laicità contemporanea, più mi convinco che, pur avendoci dato molto, forse l'essenziale, quei raffinati pensatori debbano fare i conti con altro da sé, se vogliamo adempiere ai compiti della doverosìtà laica. Seguendo gli eventi che stanno coinvolgendo l'intera area araboislamica, dobbiamo farci avvertiti che è il momento di lavorare per elaborare una qualche idea di governo, o forse di governance, del mondo. Un po' meravigliati e increduli, scopriamo che si può essere islamici e desiderare la democrazia, e non è impossibile pensare che qualcosa di simile possa propagarsi alla Cina (confuciana?) e ad altri paesi attualmente sotto regimi totalizzanti. Sorge un'alba di democrazia possibile cui occorre dare un indirizzo, soluzioni capaci di affrontare ma anche riconoscere le diversità, le etnie, le religioni, i costumi di quanti a essa si affacciano. Costoro possono essere indifferenti al pensiero sull'etica di La Bruyère o dì La Rochefoucauld; a loro va offerto uno strumento concettuale agile e flessibile, utilizzabile per costruire paesi laicamente liberi. E questa nuova laicità dovrà per forza nascere recependo, non già i costumi e le consuetudini ma il portato etico di concezioni dell'uomo diverse, lontane da quelle europee, dove i moralisti francesi sono fondamentali La laicità va rifondata, raccogliendo dalla tradizione europea quel tanto o poco che possa ancora essere utile, ma partendo da premesse che ci sono indicate dalla globalizzazione e dalla fusione delle storie, dei linguaggi, delle speranze di mille popoli fino a ieri diversi, oggi confluenti verso destini tra di loro assai simili. Nel mondo cattolico c'è chi invoca una "sana" laicità con la quale aprire un dialogo pacificatore. A parte che non credo a ogni forma di irenismo, non sono d'accordo: occorre invece mantenere la guardia per difendere e promuovere una intransigente laicità nei confronti di ogni tentativo di chiusura o di appropriazione.
La laicità ha una sua autonomia, che è una ricchezza, una risorsa dello spirito. Anche negli attuali frangenti, e forse proprio e soprattutto in questi, è bene non cedere a nessuna pressione e/o lusinga.

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