L'addio di Sciaboletta. "Silvio mi ha mollato"

Scajola lunedì notte ha compreso che tutto era perduto e ha pianto. Lacrime, spiega chi gli ha parlato, generate dal «senso di impotenza» per la slavina che lo stava travolgendo.
Ma anche dalla convinzione di essere rimasto solo, nonostante le declamate solidarietà. Prostrato: «La mia carriera politica è finita, adesso che faccio?». Scosso: «Forse qualche cazzata l’ho fatta, qualche leggerezza può esserci stata, ma nulla di penalmente rilevante». Ma soprattutto, a pesare sulle dimissioni, è stata la sensazione di non aver ricevuto una totale copertura politica dal Cavaliere, come avvenuto per Bertolaso, Letta e Verdini. «L’incontro a palazzo Grazioli non è andato bene», aveva confidato Scajola a un amico riferendo di quell’incontro con Berlusconi di giovedì scorso, quando tutti i giornali aprivano sulla compravendita della casa davanti al Colosseo. Scajola temeva già di essere stato abbandonato al suo destino: «Berlusconi? L’ho trovato freddo».
Una sensazione sgradevole, ma confermata dalla ricostruzione delle ultime ore prima delle dimissioni. Il ministro torna infatti precipitosamente dalla Tunisia deciso a resistere. Anzi, ordina ai suoi collaboratori di smentire con forza la voce delle dimissioni che già inizia a circolare nelle redazioni.
Il problema è che con il Cavaliere, da cui cerca in extremis un sostegno, non riesce nemmeno a parlare. Neppure ieri mattina, prima delle dimissioni, i due si sentiranno al telefono. Scajola parlerà invece con Gianni Letta, per due volte, ma senza esito. Mentre l’incontro con Berlusconi ci sarà a palazzo Chigi, ma solo a cose fatte. Quando poi, all’alba, Scajola legge il Giornale («chiarisca o si dimetta») comprende di essere stato «mollato».
Così, come un agnello sacrificale, l’ex ministro si è avviato sul palcoscenico della sua fine. Agli amici più intimi ha confessato però tutti i suoi «dubbi» su una vicenda «troppo strana, con molti contorni ancora oscuri». In queste ore ragiona su chi possa nascondersi dietro «l’operazione» che lo ha fatto fuori: «Le mie dimissioni indeboliscono il governo, ma chi può avere interesse a farlo? In Italia al momento non vedo nessuno. La Francia invece, in prospettiva, ha tutto da perdere dal nostro programma nucleare. Senza contare che anche l’arrivo di Geronzi al vertice delle Generali, favorito dal governo, ha toccato gli interessi dei francesi. Ci sono poi gli americani, che non vedono di buon occhio gli stretti rapporti fra Putin e Berlusconi. Insomma, molti avrebbero interesse a un governo più debole». Solo lo sfogo di un politico con le spalle al muro, ma per Scajola comunque «troppe cose non tornano».
Berlusconi stesso, per parte sua, è convinto che l’attacco a Scajola nasconda una manovra più vasta contro il suo governo. Ci sono le voci di un imminente coinvolgimento di altri (due) ministri del governo, altri parlamentari di primo piano. «Siamo di fronte ha detto il premier due sere fa al compleanno per Alfonso Signorini- a un massacro mediatico e a una tenaglia dei giudici che vogliono colpire il governo».
La preoccupazione è che sia partita in grande stile «una nuova campagna giudiziaria», con l’intento di arrivare alla «caduta del governo». Ricevendo a palazzo Chigi una delegazione di europarlamentari del Ppe, guidata da Mario Mauro, Berlusconi ha cercato tuttavia di mostrarsi ottimista. «II governo funziona, io vado avanti: proprio ieri mi hanno consegnato l’ultimo sondaggio che dà il mio gradimento al 63% e il Pdl al 39%». Così íl posto di Scajola verrà coperto in fretta, aspettando solo qualche giorno con un interim perché ancora manca una soluzione a portata di mano. Le ultime indiscrezioni confermano la promozione del viceministro Paolo Romani, mentre al suo posto potrebbe andare Daniela Santanché. Ma si fanno anche i nomi di Fabrizio Cicchitto, Maurizio Lupi e Guido Crosetto. In questa situazione, anche la posizione dì Fini viene guardata con crescente sospetto. Tanto che Berlusconi sarebbe sempre più tentato dall’idea di "cacciare" il cofondatore e i suoi seguaci: «Se la maggioranza fosse meno ampia - ha detto l’ altra sera - i nostri sarebbero persino più motivati a restare in aula a votare invece di andare alla buvette o a farsi gli affari loro».
Ma anche dalla convinzione di essere rimasto solo, nonostante le declamate solidarietà. Prostrato: «La mia carriera politica è finita, adesso che faccio?». Scosso: «Forse qualche cazzata l’ho fatta, qualche leggerezza può esserci stata, ma nulla di penalmente rilevante». Ma soprattutto, a pesare sulle dimissioni, è stata la sensazione di non aver ricevuto una totale copertura politica dal Cavaliere, come avvenuto per Bertolaso, Letta e Verdini. «L’incontro a palazzo Grazioli non è andato bene», aveva confidato Scajola a un amico riferendo di quell’incontro con Berlusconi di giovedì scorso, quando tutti i giornali aprivano sulla compravendita della casa davanti al Colosseo. Scajola temeva già di essere stato abbandonato al suo destino: «Berlusconi? L’ho trovato freddo».
Una sensazione sgradevole, ma confermata dalla ricostruzione delle ultime ore prima delle dimissioni. Il ministro torna infatti precipitosamente dalla Tunisia deciso a resistere. Anzi, ordina ai suoi collaboratori di smentire con forza la voce delle dimissioni che già inizia a circolare nelle redazioni.
Il problema è che con il Cavaliere, da cui cerca in extremis un sostegno, non riesce nemmeno a parlare. Neppure ieri mattina, prima delle dimissioni, i due si sentiranno al telefono. Scajola parlerà invece con Gianni Letta, per due volte, ma senza esito. Mentre l’incontro con Berlusconi ci sarà a palazzo Chigi, ma solo a cose fatte. Quando poi, all’alba, Scajola legge il Giornale («chiarisca o si dimetta») comprende di essere stato «mollato».
Così, come un agnello sacrificale, l’ex ministro si è avviato sul palcoscenico della sua fine. Agli amici più intimi ha confessato però tutti i suoi «dubbi» su una vicenda «troppo strana, con molti contorni ancora oscuri». In queste ore ragiona su chi possa nascondersi dietro «l’operazione» che lo ha fatto fuori: «Le mie dimissioni indeboliscono il governo, ma chi può avere interesse a farlo? In Italia al momento non vedo nessuno. La Francia invece, in prospettiva, ha tutto da perdere dal nostro programma nucleare. Senza contare che anche l’arrivo di Geronzi al vertice delle Generali, favorito dal governo, ha toccato gli interessi dei francesi. Ci sono poi gli americani, che non vedono di buon occhio gli stretti rapporti fra Putin e Berlusconi. Insomma, molti avrebbero interesse a un governo più debole». Solo lo sfogo di un politico con le spalle al muro, ma per Scajola comunque «troppe cose non tornano».
Berlusconi stesso, per parte sua, è convinto che l’attacco a Scajola nasconda una manovra più vasta contro il suo governo. Ci sono le voci di un imminente coinvolgimento di altri (due) ministri del governo, altri parlamentari di primo piano. «Siamo di fronte ha detto il premier due sere fa al compleanno per Alfonso Signorini- a un massacro mediatico e a una tenaglia dei giudici che vogliono colpire il governo».
La preoccupazione è che sia partita in grande stile «una nuova campagna giudiziaria», con l’intento di arrivare alla «caduta del governo». Ricevendo a palazzo Chigi una delegazione di europarlamentari del Ppe, guidata da Mario Mauro, Berlusconi ha cercato tuttavia di mostrarsi ottimista. «II governo funziona, io vado avanti: proprio ieri mi hanno consegnato l’ultimo sondaggio che dà il mio gradimento al 63% e il Pdl al 39%». Così íl posto di Scajola verrà coperto in fretta, aspettando solo qualche giorno con un interim perché ancora manca una soluzione a portata di mano. Le ultime indiscrezioni confermano la promozione del viceministro Paolo Romani, mentre al suo posto potrebbe andare Daniela Santanché. Ma si fanno anche i nomi di Fabrizio Cicchitto, Maurizio Lupi e Guido Crosetto. In questa situazione, anche la posizione dì Fini viene guardata con crescente sospetto. Tanto che Berlusconi sarebbe sempre più tentato dall’idea di "cacciare" il cofondatore e i suoi seguaci: «Se la maggioranza fosse meno ampia - ha detto l’ altra sera - i nostri sarebbero persino più motivati a restare in aula a votare invece di andare alla buvette o a farsi gli affari loro».
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