L’ultimatum del Pd a Ingroia: “Rinuncia al senato o punteremo al voto utile”

Dalla Rassegna stampa

Da una parte, c’è la possibilità di una collaborazione dopo il voto, che assume ancora più valore se a condurla sarà Pier Luigi Bersani da palazzo Chigi, con un governo da formare e incarichi parlamentari da decidere. Dall’altra, invece, c’è una campagna elettorale all’insegna del “voto utile”: lo stesso che nel 2008 lasciò la sinistra fuori dal parlamento. Spetta a Ingroia e ai suoi scegliere. Quello proposto ieri mattina da Dario Franceschini in una telefonata a Leoluca Orlando non è un patto. Per il Pd, la lista Ingroia deve semplicemente scegliere se voler aiutare il centrosinistra, al quale gli stessi “arancioni” dicono di sentirsi vicini, o Berlusconi e – indirettamente – Monti, i cui voti sarebbero determinanti se Pd e Sel non avessero la maggioranza a palazzo Madama.
D’altronde, gli ultimi sondaggi commissionati dai Democratici parlano chiaro: Rivoluzione civile non ha alcuna speranza di superare lo sbarramento dell’8 per cento in almeno due delle tre regioni in bilico (Lombardia e Sicilia) ed è a rischio anche il risultato in Campania. «Le cose stanno così e lo sapete anche voi. A questo punto che fate? Vi presentate lo stesso, così togliete voti a noi e rischiate di regalare il premio di maggioranza in quelle regioni a Berlusconi?». Sono queste le domande che ha rivolto Franceschini a Orlando.
Il presidente dei deputati dem non ha messo sul tavolo nessun accordo: l’offerta di un patto di desistenza – che il sindaco di Palermo ha voluto invece accreditare – è stata seccamente smentita sia dallo stesso Franceschini che da Enrico Letta: «Non c’è nessun negoziato con Ingroia – spiega il vicesegretario dem – Rivoluzione civile si assuma le proprie responsabilità».
È Bersani per primo a non voler pagare una cambiale in anticipo alla sinistra massimalista. D’altra parte, il Pd ha già presentato le proprie liste sia per la camera che per il senato e quindi, anche volendo, non ci sarebbe più posto per accogliere eventuali candidature offerte agli “arancioni” in cambio di una desistenza. Il segretario, però, non si rassegna a considerare Ingroia and company alla stregua di avversari qualsiasi. Anche dopo aver strappato la foto di Vasto, il canale di dialogo tra i dem e chi è rimasto fuori a sinistra della coalizione non si è mai interrotto. L’atteggiamento che Ingroia, Di Pietro, Bonelli e i comunisti di Ferrero e Diliberto terranno da qui al voto sarà determinante per capire se sarà possibile proseguire questo rapporto di “cordialità”, o se il Pd dovrà tagliare definitivamente i ponti.
Nei panni dell’osservatore interessato rimane Nichi Vendola. Il leader di Sel delega a Bersani la decisione, ma secondo lui una qualche forma di accordo con Ingroia va raggiunta. Anche perché la concorrenza a sinistra rischia di sottrargli pericolosamente elettori.

 

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