L’Occidente isola la Russia: annullato il vertice di Sochi «Fermare l’aggressione»

Dalla Rassegna stampa

Russia condannata dall’Occidente all’isolamento. Il vertice dei Grandi riunitosi ieri sera all’Aia, in margine alla Conferenza per la sicurezza nucleare, ha deciso: niente G8 di Sochi. Il summit che avrebbe dovuto tenersi ai primi di giugno nella città russa sul Mar Nero è annullato. Il documento finale del G7 è molto duro: invadendo la Crimea Mosca ha violato tutti i principi basilari sui quali è fondato l’ordine internazionale: una minaccia che va, quindi, ben oltre quello scacchiere e che tocca tutti. Il G7 si sforza di mostrare a Vladimir Putin che non solo gli Usa ma anche il Giappone e l’Europa (nell’organismo sono rappresentati Gran Bretagna, Italia, Germania e Francia) sono compatti e decisi ad andare fino in fondo con le sanzioni se la Russia non arresterà la sua aggressione nei confronti dell’Ucraina. Quella della Russia non è, però, ancora una vera espulsione. Piuttosto una sospensione: «Lasciamo una porta aperta» ha spiegato durante un incontro con alcuni giornalisti Ben Rhodes, il numero due del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca.

«Se la Russia accettasse di avviare un processo di "de-escalation" tornando nell’alveo della legalità internazionale, il dialogo potrebbe ricominciare». Ma per ora il clima resta quello di un confronto durissimo: il vertice di Sochi viene sostituito con un G7 che si riunirà a giugno a Bruxelles, città sede anche della Nato che ha appena mandato altre squadriglie di caccia in Polonia e nei Paesi Baltici, rafforzando anche la presenza navale nel Mar Nero con incrociatori lanciamissili. In quell’occasione verranno studiate (o adottate) ulteriori contromisure qualora nel frattempo la Russia non abbia allentato la sua morsa sul l’Ucraina. «Non si può parlare di una nuova Guerra fredda» spiega ai giornalisti Rhodes. Questo non perché la situazione non sia grave, ma perché, «a differenza di quanto avvenuto ai tempi del l’Urss e della cortina di ferro, stavolta la Russia non è a capo di un blocco ma è, anzi, totalmente isolata»: all’Onu la risoluzione di condanna non è passata perché Mosca ha il diritto di veto, ma la votazione in Consiglio di Sicurezza si è conclusa con un clamoroso 13 a 1. Gli americani danno un forte valore simbolico anche alla decisione della Cina di astenersi, accentuando la solitudine di Mosca. Ma nell’incontro bilaterale avuto ieri con Barack Obama, il presidente cinese Xi Jinping, pur disteso e desideroso di rilanciare la collaborazione economica, non ha preso impegni per quanto riguarda le sanzioni contro Putin, mentre ha chiesto al presidente americano la fine dello spionaggio cibernetico Usa di aziende cinesi come Huawei.

E, sempre ieri, è stata pubblicata una dichiarazione dei «Bric» (Brasile, Russia, India e Cina), le potenze emergenti che hanno trascinato l’economia internazionale negli ultimi anni, che rifiutano di unirsi alle sanzioni contro Mosca, lasciando così all’Occidente tutta la responsabilità di un’offensiva economica. Nonostante ciò e nonostante l’atteggiamento irridente delle autorità russe, Obama resta convinto che le misure finanziarie e, in prospettiva, anche commerciali, siano uno strumento di dissuasione efficace. Certo, se andrà avanti l’aggressione nei confronti dell’Ucraina, l’Europa dovrà essere pronta a inasprire le sanzioni che a quel punto potrebbero toccare anche la sfera strategica dell’energia. E qui l’Occidente già si prepara a uno sforzo collettivo per ridurre la dipendenza dei Paesi europei (soprattutto Germania e Italia) dal gas russo: il comunicato finale del G7 annuncia solennemente che entro poche settimane (nel mese di aprile) si riunirà anche un G7 dei ministri dell’Energia con all’ordine del giorno una serie di iniziative miranti ad aumentare la sicurezza energetica. Gli Usa si dicono pronti ad aiutare i processi di diversificazione dell’accesso alle fonti di energia. Con la tecnologia di recupero dello «shale gas» e, probabilmente, anche con la vendita di petrolio e gas se il Congresso modificherà la legge che oggi vieta l’esportazione di idrocarburi.

 

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