L’infermiera militante radicale ha scelto la morte dolce a Zurigo

Dominique ne ha assistiti tanti di malati terminali nella sua professione da infermiera. Per questo, quando a settembre gli esami le hanno detto che per il suo cancro al colon non c’era più nulla da fare, ha iniziato a pensare alla «dolce morte».
La testimonianza
Dominique ha affrontato l’eutanasia questa settimana, nella stanza di una clinica a 20 chilometri da Zurigo, ma prima di morire ha voluto rendere pubblica la sua testimonianza e la sua scelta per la libertà di morte. Dominque Velati aveva 59 anni, era nata a Druogno, in Valle Vigezzo: si chiamava Domenica ma i suoi genitori avevano lavorato in Svizzera e le era rimasto il nome francese. Poi il trasferimento a Borgomanero, il lavoro come infermiera negli ospedali di Borgomanero e Arona e qualche anno fa la scelta di dedicarsi all’assistenza domiciliare dei malati. Da trent’anni era una colonna del Partito Radicale nel nord del Piemonte.
Giampiero Bonfantini, un altro esponente radicale storico, del lago d’Orta, le è sempre stato vicino. «Mi chiamava il “mio fratellone”: Dominique ha vissuto per la libertà, e l’ha testimoniata fino in fondo, con questa scelta. Si è documentata, si è messa in contatto con l’associazione “Luca Coscioni” e poi ha deciso autonomamente, com’era nel suo carattere».
Prima di partire per la Svizzera, Dominique ha raccontato che con le chemioterapie le rimanevano da uno a tre anni di vita, senza chemio le restavano da uno a tre mesi. Quando altri esami hanno accertato che, dopo l’intervento chirurgico il cancro si era esteso, con metastasi al fegato, ha preso la decisione: «Mi è costata 12.700 euro - ha detto - perché questo è il prezzo per andare in una struttura in Svizzera. Mio cugino vorrebbe accompagnarmi e tenermi la mano quando sarò là, ma gli dirò di non farlo, per lui che già soffre di cuore, potrebbe essere un’emozione troppo forte».
Conosceva la sofferenza
Dominique Velati da qualche anno era volontaria dell’associazione «La Scintilla» di Borgomanero, che si occupa dell’assistenza ai malati terminali. «Dominique - la ricorda il dottor Venerando Cardillo, fondatore dell’associazione - oltre che un’amica è stata un’instancabile volontaria, piena di mille attenzioni per le persone a lei affidate. A Dominique, nel decorso della sua malattia ho cercato di non dare soluzioni preconcette, ma gli elementi per poter decidere con serenità, assicurandole che non sarebbe mai stata abbandonata nella sofferenza. Avremmo voluto che fosse rimasta con noi fino all’ultimo, non anticipando neppure di un giorno la morte. Ma forse, come il parente che non si rassegna alla fine del proprio congiunto, avremmo sbagliato».
Dominique ha affrontato gli ultimi giorni con serenità e con una scelta che ha stupito anche chi la conosceva: lei, così riservata, ha deciso di dare l’addio a tutti con alcune serate al bar sotto casa, l’Atipic Coffee & Fruit: «Era una persona con un grande cuore - dice Ennio Biazzo, titolare del bar - e l’ha dimostrato fino in fondo, con una serenità incredibile».
© 2015 La Stampa (ed. online) - 21/12/2015. Tutti i diritti riservati
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