L’Amaca

Dalla Rassegna stampa

Un segno del tramonto di Berlusconi è che la vecchia parola "comunisti" è oramai stabilmente rimpiazzata dalla parola "radicalchic", un tempo adoperata dai corsivisti di destra più addottorati, oggi brandita come una clava anche dagli energumeni che sbraitano nei talk-show. Buona ultima il ministro Gelmini - che nonostante il filo di perle lascia intendere di non disdegnare la polemica scarmigliata- l’ha adoperata per bollare il milione di donne e annessi (i maschi una volta tanto docilmente al seguito) scesi in piazza domenica, abbandonando in massa i loro "salotti" che devono avere, visti i risultati, divani da diciotto-venti posti cadauno.
 
È un buon segno. La ripetizione coattiva, e vagamente ebete, di parolette sempre uguali, e sempre meno significanti, indica povertà di argomenti e difficoltà di analisi. L’anatema contro i radical chic è del resto mutuato pari pari dalla peggiore destra americana, che spregiava Obama in quanto sostenuto dai soli professori di Harvard, dai nipoti di Kennedy (comunque più divertenti a tavola delle nipoti di Mubarak) e dalle lobbies artistico-editoriali ebraiche e omosessuali. Poi lo hanno votato i neri, i disoccupati, le donne senza voce, e Obama ha stravinto. Farsi dare del radical chic porta fortuna. (Ps: Ma nelle case di destra, non c’è il salotto? Come faranno a sedersi?).

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