L’abbraccio col Pd piace a Vendola, meno ai democrat

Dalla Rassegna stampa

Incredibile a dirsi, ma c’è vita, non solo a sinistra del Pd ma anche a sinistra dentro il Pd. Ieri, a Montecitorio, venivano scrutate con attenzione le mosse di due leader dal forte richiamo, anche evocativo, nella sinistra italiana: Sergio Cofferati e Nichi Vendola. Il primo, a dire la verità, più per quello che il suo nome ha voluto dire in un recente passato, la stagione della Cgil anti-D’Alema e dei girotondi fuori dagli allora Ds e del Correntone dentro.
 
Il secondo, invece, per quello che dice oggi e che continuerà a dire oggi, a partire dall’intervista rilasciata a Repubblica in cui dovrebbe precisare meglio i contenuti di una chiacchierata rilasciata ieri al Corriere della Sera nel corso della quale ha spiazzato amici e alleati, fuori e dentro il Pd, accettando per la prima volta l’idea di entrare in quell’Alleanza costituente che è diventata l’asse portante della proposta politica del Pd, senza eccezione alcuna (anzi, con un’eccezione: Latorre). «Le forze dell’opposizione - ha detto ieri, parlando da Bruxelles, Vendola - dovrebbero convergere anche nelle forme di una provvisoria coalizione elettorale per ricostruire un quadro di regole, diritti e doveri, certezze democratiche». Morale: sì al Cnl anti-Berlusconi, Fini compreso. Dopo l’apertura nei confronti del leader dell’Udc Casini, avanzata la settimana scorsa dalle colonne del manifesto, Vendola - spiegano i suoi - vuole non solo «sparigliare le carte dentro il centrosinistra, ma anche uscire dall’angolo in cui il Pd vuole cacciarci: ora come fanno a dire che siamo degli irresponsabili?». L’ex segretario del Prc e tra i più stretti collaboratori di Vendola, Franco Giordano, spiega subito, però, i confini della proposta vendoliana: «governo con tutti, ma di scopo, che riformi la legge elettorale, detti regole chiare sul conflitto d’interessi e garantisca regole chiare sull’informazione». Morale: niente «governo dell’economia e della crisi» e no alla proposta del federatore alla Scalfari, «cioè di un tecnocrate che guidi l’Alleanza», puntualizza Giordano e dirà, oggi, Vendola.
Grande entusiasmo, invece, all’idea lanciata dal senatore Nicola Latorre via intervista al Riformista: «le idee di Nicola e quelle di Goffredo Bettini sul Pd sono le uniche novità che vengono dal Pd», chiosa Giordano. Idee che fan drizzare la cima dei capelli a molti altri: il lettiano Francesco Boccia, antipatizzante di entrambi, li liquida alla stregua di «giochini di Palazzo» e nota che «Vendola e Latorre manco si parlano tra loro»; il folliniano Stefano Graziano preferisce guardare al Terzo Polo «se poi altri vogliono venire, vengano», il braccio destro di Franceschini, Antonello Giacomelli, punta sulla Grande Alleanza ma sul piano politico chiede di « riconsiderare i rapporti con Di Pietro e pure con i Radicali, entrambi negativi», solo il veltroniano Andrea Martella non inette paletti.
L’altro nome che sta facendo rumore per la volontà espressa a più interlocutori (e, ieri, all’Ansa) di dar vita a una «rete» che rilanci i valori della sinistra, dal lavoro (caso Fiat in testa) ai diritti, è quello di Sergio Cofferati. Lui nega di voler dar vita a una corrente e si smarca da un’iniziativa che il senatore Vincenzo Vita ha lanciato per il prossimo 21 febbraio a Roma, tantomeno pensa a un correntone. Eppure è a questo che starebbero invece lavorando i suoi uomini, dal senatore Paolo Nerozzi a diversi funzionari interni al Pd vicini sia a lui che, un tempo, a D’Alema. Peraltro, e quasi per paradosso, l’unico correntone allo stato esistente nel Pd, quello dei bersanian-dalemiani che governa, potrebbero convergere con Cofferati. Specie se si trattasse di respingere l’Opa ostile che Vendola e i suoi (in testa, il mentore Fausto Bertinotti) vogliono lanciare sul Pd per farlo diventare un partito di sinistra sì, ma con Vendola alla guida o quantomeno in qualità di co-pilota. A vedere con favore sia Vendola che la proposta di Latorre, è da tempo (anzi: ne rivendica la primogenitura) quasi tutta l’area Marino, Michele Meta in testa, che ieri rilanciava l’idea di un «maxi Pd con Vendola».

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