Kerry promette a Letta: "Ci occuperemo dei marò"

«Quando Kerry dice “siamo ansiosi di lavorare con questo nuovo governo italiano” non ripete una formula che avrebbe offerto a qualsiasi governo. Lui pensa di lavorare bene proprio con “questo” governo; con Letta, Alfano e la Bonino c’è una squadra più moderna e competente, vediamo quanto sopravvivranno in un contesto di politica italiana ancora confusa». Il commento di un diplomatico americano spiega molto della due giorni romana del Segretario di Stato Usa John Kerry. Innanzitutto il fatto che l’amministrazione Obama abbia scelto di usare proprio Roma come piattaforma per un giro di colloqui importanti sulla guerra in Siria e sul processo di pace israelo-palestinese. Ma poi esplicitamente, nei colloqui bilaterali con Enrico Letta ed Emma Bottino, Kerry ha fatto capire con quanta forza l’amministrazione americana punti sul successo di questo “strano” governo.
Il segnale migliore è arrivato in mattinata al premier Enrico Letta quando Kerry, di sua iniziativa, gli ha parlato dei marò: «Parleremo con l’India, sono una grande democrazia, un grande Paese, e sapranno inquadrare il tutto in un contesto di lotta alla pirateria che non va indebolita e di collaborazione fra Stati democratici». Kerry ha usato la formula più delicata per affrontare un tema delicato; gli indiani sarebbero infastiditi da pressioni eccessive. Ma comunque il segnale della volontà di collaborazione con l’Italia è stato chiaro.
Su molti altri dossier, Kerry ha però chiesto all’Italia stessa di assumersi i suoi impegni: per cui maggior coinvolgimento nella soluzione della guerra siriana, nel negoziato di pace israelo-palestinese e - a sorpresa - una richiesta di attenzione speciale alla crisi in Libia. Iniziamo da questo punto, che non è stato sviluppato molto nelle dichiarazioni pubbliche: con le legge approvata domenica scorsa che impone l’epurazione di chiunque, anche 30 anni fa, abbia lavorato con Gheddafi, fra pochi giorni la Libia potrebbe trovarsi senza presidente, senza primo ministro e senza ministro degli Esteri. Con loro salterebbero decine di funzionari e burocrati, che magari negli ultimi 10 armi erano fuggiti dalla Libia contro Gheddafi, e che oggi avevano iniziato a mandare avanti il paese. Tripoli rischia una fase di nuovo caos, soprattutto perché ci sarà una lotta al coltello fra le fazioni per riempire i posti che si libereranno. Gli Usa sperano che Roma rafforzi la sua attenzione politica a un Paese che comunque è strategico per l’Italia stessa, seguendo la linea secondo cui Obama ormai ritiene che l’America non può occuparsi in prima fila di tutte le crisi.
I temi più dibattuti in pubblico sono stati invece quelli della Siria e di Israele-Palestina: «Lo status quo in Siria è insostenibile e senza una leadership che porti a una soluzione politica si andrà verso un maggiore spargimento di sangue», ha detto Kerry in conferenza stampa con Emma Bonino. Il ministro degli Esteri italiano ha aggiunto chiaramente (contro quello che pensano altri Paesi europei) che «non ci può essere soluzione militare», bisogna negoziare politicamente. Per cui bene l’accordo fra Russia e Usa per convocare una “Ginevra 2”, dopo la prima conferenza di Ginevra organizzata nell’estate del 2012.
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