Karadzic boicotta il processo

L’imputato non sarà presente oggi in aula all’apertura del processo per crimini di guerra e contro l’umanità e di genocidio. Radovan Karadzic, l’ex leader politico serbo bosniaco ai tempi della guerra in Bosnia, dal 1992 al ’95, ha ribadito la sua decisione di boicottare l’operato del Tribunale internazionale dell’Aja per la ex Jugoslavia (Tpj) perché – a suo dire – non gli sarebbe stato garantito tempo sufficiente a organizzare la sua autodifesa.
Ieri mattina, giorno fissato dopo molti rinvii per l’inizio del processo, il presidente sudcoreano O-Gon Kwon del Tpj aveva rinviato di 24 ore l’avvio del procedimento nella speranza che Karadzic ci ripensasse e si presentasse in aula questa mattina. Fonti vicine all’imputato sino a ieri a tarda sera smentivano però questa ipotesi.
In passato altri imputati avevano deciso di difendersi da soli, primo fra tutti Slobodan Milsevic che, però, morì in carcere all’Aja nel marzo 2006 prima della conclusione del processo a suo carico. Ma nessun accusato fino a oggi si era rifiutato di presentarsi in aula. Altri avevano adottato tattiche dilatorie, ma giustificando le loro assenze con certificati medici.
I giudici del Tpj ora si trovano in una posizione molto difficile perché il regolamento del Tribunale dell’Onu in attività dal 1994 non contempla l’assenza della difesa, sia fatta da un legale o dallo stesso imputato. In teoria potrebbero nominare un avvocato d’ufficio, ma secondo le norme vigenti Karadzic potrebbe rifiutarlo. In ogni caso, l’avvio del processo subirebbe un ulteriore slittamento perché il legale d’ufficio sicuramente dovrebbe chiedere un rinvio per esaminare gli atti.
L’accusa oggi dovrebbe imputare all’ex leader politico serbo bosniaco ben 11 capi d’accusa. Il più grave, quello di genocidio, si riferisce alla strage di Srebrenica del luglio ’95, quando ottomila musulmani furono massacrati e sepolti in fosse comuni, compresi vecchi e bambini.
Nel complesso, la guerra scatenata dai serbi di Bosnia guidati dall’ex psichiatra Karadzic per impedire la separazione della Bosnia Erzegovina dall’allora Jugoslavia, provocò la morte di 100mila persone e l’esodo di 2,2 milioni di profughi. Il solo assedio di Sarajevo, il più lungo della storia moderna, causò 10mila vittime.
Ieri davanti al Tribunale internazionale dell’Aja, si sono schierate chiedendo giustizia per l’ennesima volta molte donne sopravvissute alla guerra. «Mi voglio svegliare una mattina spendo che Radovan Karadzic resterà in carcere sino alla fine dei suoi giorni», ha detto Esad Pozder, che visse il terribile assedio di Sarajevo. Sulla richiesta di giustizia pesa però una scadenza ravvicinata: entro il 2010 (salvo una proroga, di cui per ora non si parla) il Tpj dovrà aver concluso i processi di primo grado. Per quelli di appello ci sarà tempo sino al 2012. Alla scadenza i processi sarebbero trasferiti nel paese di appartenenza dell’accusato. Per il primo grado di giudizio di Karadzic all’Aja, gli esperti prevedono almeno due anni di udienze. Una vera corsa contro il tempo.
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