Istanbul, un fotografo italiano tra i 400 arrestati

Dalla Rassegna stampa

La «ripulitura» da parte della polizia di Piazza Taksim e Gezi Park a Istanbul non solo ha provocato circa 800 feriti ma anche oltre 400 arresti. Che vanno ad aggiungersi a quelli dei giorni scorsi, compresi i "criminali" che hanno agito su Twitter «spingendo la gente all’agitazione sociale» come affermato ieri dal ministro dell’Interno Muamer Guler. Tra gli arrestati c’è un anche il fotografo livornese Daniele Stefanini.

Ma, sgombrare i luoghi-simbolo della protesta cominciata il 28 maggio per difendere dalla cementificazione Gezi Park e trasformatasi in piena contestazione contro il governo di Erdogan, non è servito a spegnere la miccia della rivolta. Anche ieri notte, a Istanbul come ad Ankara, migliaia di turchi non hanno rinunciato a scendere in piazza scontrandosi spesso con le forze dell’ordine. Certo, la paura della repressione e la stanchezza dopo quasi tre settimane di mobilitazione, hanno assottigliato le manifestazioni. Ma forse anche la consapevolezza che Erdogan non potrà andare avanti senza far finta di nulla.

Il premier ieri si è scagliato contro il Parlamento europeo reo di aver approvato una risoluzione di condanna delle violenze «Ha il diritto di adottare una tale decisione sulla Turchia?» ha chiesto ieri polemicamente, prima di affermare «non riconosco questo Parlamento Europeo». Preoccupato per l’ennesima frattura che si è venuta a creare tra Ue e Turchia è il ministro degli Esteri Emma Bonino: «Sono venute fuori due Turchie e la speranza che Erdogan fosse in grado in qualche modo di unificarle è svanita. Le due Turchie si confrontano in piazza e questa è una perdita anche per l’Europa che ha tutte le sue responsabilità e sbaglierà anche questa volta; invece che aprire capitoli e costringere Erdogan al tavolo tenderà a chiudere quelle porte».

Erdogan continua a dare una chiave di lettura di quanto successo secondo un’interpretazione tutta sua. La teoria del complotto dell’opposizione appoggiata dalla stampa estera continua a rimanere al primo posto. Ieri lo ha ribadito anche l’ambasciatore turco a Roma, Hakki Akil: «Non è leale dare ampio risalto alla situazione come se ci fosse una guerra civile». Akil ha anche criticato «l’uso di termini esagerati, come "Primavera turca"». Secondo l’ambasciatore gli scontri sono avvenuti solo «con gruppi marginali» e «gli standard democratici in Turchia non sono inferiori a quelli dell’Occidente». Poi una bordata proprio all’Italia. «Se vogliamo possiamo confrontare le proteste a Taksim con manifestazioni dei No-Tav in Piemonte o il G8 di Genova del 2001». Infine, forse preoccupato per le conseguenze che i disordini di questi giorni possano avere sul turismo, ha concluso: «Nel fine settimana ero a Istanbul, a cinque metri da piazza Taksim e non ho visto nulla, era tutto calmo. Potete andare tranquillamente in Turchia, non c’è e non ci sarà nulla».

Non potrà certo dire la stessa cosa Daniele Stefanini, il fotografo 28enne ferito alla testa domenica sera e fermato dalla polizia in una zona distante da Piazza Taksim. Curato e sottoposto a una tac, le sue condizioni, secondo la Farnesina che lo sta aiutando con personale del nostro consolato a Istanbul «non destano preoccupazione». Ieri sera era ancora in stato di fermo. Parte del sua materiale fotografico è sparito, forse sequestrato dalla polizia. Reporters Senza Frontiere ha denunciato l’arresto di almeno otto giornalisti durante le manifestazioni a Istanbul, fra i quali Stefanini.

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