Intervista a Marco Pannella: Responsabilità civile dei giudici

Dalla Rassegna stampa

Il Parlamento, certo. Dove nel 1988 andò in scena, ricorda oggi Marco Pannella, il varo della "legge Vassalli" che di fatto rese intoccabile la magistratura. «Quella legge fu il prodotto dell’asse partitocratrico nelle due sue componenti di destra e di sinistra», attacca il leader radicale, che l’anno prima, nel 1987, insieme ad Enzo Tortora vinse la battaglia referendaria per introdurre anche per le toghe il principio della responsabilità in sede civile. Ma anche la Corte costituzionale cui poco meno due settimane fa tutti applaudivano per la bocciatura del "lodo Alfano", denuncia. Pannella, giocò la sua parte nella partita che di fatto annullò il risultato uscito dalle urne. Il risultato è un Paese che in questi anni sulla giustizia ha subìto più danni - «incivili, barbari e criminogeni» - che nel Ventennio fascista.
 
Nel referendum del 1987 i Si furono una valanga. Poi la "legge Vassalli" cambiò le carte in tavola. Chi affossò la vittoria referendaria?
 
«Risposta puntuale e non generica: la partitocrazia, il sessantennale infame regime corrotto, corruttore e antidemocratico. In questo come in altri casi vergognosi, ad esempio sui finanziamenti pubblici di partiti e sindacati».
 
Ricorda dove avvenne lo "scippo" di quella vittoria?
 
«Prima in Parlamento; poi, per due volte - nel 1995 e nel 1999 - in Corte Costituzionale. La Consulta non permise alle nostre analoghe richieste referendarie di essere nuovamente votate e approvate. Mandando al macero, in questo modo, la stessa Costituzione e oltre un milione e mezzo di firme autenticate. Raccolte e depositate da noi Radicali, come al solito».
 
Cosa le è rimasto in mente di quella battaglia insieme a Tortora?
 
«Ricordo i sei anni di lotta, giorno e notte, con scioperi della fame e della sete, autodenunce, insieme al nostro Leonardo Sciascia, contro l’impresa partitocratica di una banda onnipotente di magistrati, giornalisti, politici che massacravano Enzo Tortora, benché assolutamente innocente. Con questo infame "affare" coprirono ben altri scandali».
 
Ventidue anni dopo, ha qualche rimpianto?
 
«I miei ricordi si chiudono con il giudizio massiccio del popolo italiano a favore della responsabilità civile dei giudici, garanzia in primo luogo per tutti i magistrati capaci e onesti. Rimpianti? "Fai quel che devi, accada quel che può", è la norma di vita di noi Radicali di Giustizia e Libertà».
 
Pensa che oggi sia possibile, con questa maggioranza, rispolverare questa battaglia?
 
«Certo, ma sarebbe masochistico se anche Silvio Berlusconi, come nel 1997 e nel 2000, sabotasse ancora, insieme agli odiati "comunisti", la partecipazione elettorale».
 
A cosa si riferisce?
 
«All’invito a non andare a votare in occasione dei referendum su: riforma elettorale del Csm, separazione delle carriere dei magistrati, incarichi extragiudiziali degli stessi, abolizione dei finanziamenti pubblici di partiti e patronati. Sento di sottolineare questo anche per lealtà nei confronti di quegli elettori del PdL che, secondo l’istituto Cattaneo, alle ultime elezioni europee furono più numerosi del centrosinistra nel votare per le liste "Pannella-Bonino". Elettori verso cui continueremo ad essere grati e leali in nome della nostra radicalità antipartitocratica e riformatrice».
 
Quali sono stati i danni della mancata applicazione dell’esito referendario del 1987?
 
«Quell’episodio infausto ha fatto sì che, giustizia e carcere, in Italia, nel Sessantennio partitocratrico, antifascista e antidemocratico abbiano prodotto dolori, sofferenze e sfascio maggiori dei danni provocati dal Ventennio mussoliniano».
 
Perché in questi anni nessuno ha mai provato ad approvare una legge che recuperasse quel referendum?
 
«Nessuno? Noi Radicali ci siamo tornati su. E con quale fatica. Ma siamo stati di nuovo traditi dalla Corte costituzionale e da tutta la partitocrazia, clandestini come siamo per responsabilità dalla Rai, erede della fascista Eiar, e dalle altre istituzioni».
 
Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi ha annunciato una grande stagione di riforme costituzionali, a partire dalla giustizia. Pannella che ne pensa?
 
«Noi siamo da decenni in lotta per una riforma "americana" dello Stato italiano. Una riforma presidenzialista, federalista, uninominalista, referendaria e antipartitocratica. Berlusconi, dal 1994 al 1996, fu d’accordo. Noi lo siamo ancora, ad una, condizione: che questa nuova Costituzione liberale non entri in vigore prima del 2015. Berlusconi ci sta?».

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