Intervista a Marco Pannella: Ottant'anni di impresa

Da decenni lei è protagonista della scena politica. Ma non ha mai preteso per sé ministeri, poltrone, cariche. Che cos’è, per lei, la politica? E quanto è distante la sua idea di politica da quella che vede intorno a sé?
La politica per noi è stata ed è, da oltre 50 anni, in senso proprio e per estensione, impresa; come sono sempre state chiamate in storia le grandi imprese. Impresa di ricerca, concepimento ideale, di formazione civile, sociale, finalizzata legislativamente, per generare il nuovo possibile, l’impossibile di ieri. Per me imprenditore è ed è stata pratica-teorica di convivenza, co-nascita e conoscenza con le esistenze delle persone con cui ci siamo – in responsabilità e libertà – conosciuti, riconosciuti, uniti.
La vicenda del Partito Radicale si lega profondamente a lotte per i diritti civili. Quale battaglia ricorda in modo particolare, quale andrebbe condotta con forza oggi?
Ricordo quella ingaggiata da un secolo, alimentata dalla religione della libertà e dalla responsabilità della democrazia, cancellata in Italia prima dal ventennio partitocratico fascista e poi dal sessantennio partitocratico antifascista. La battaglia per superare i colpi di coda reazionari di una parte della specie umana che ha terrore genetico della libertà e dell’amore, che si vanno finalmente affermando come fine dell’uomo e contributo al progresso contro la distruzione del mondo.
Si sente molto invocare il "rinnovamento", l'arrivo di "giovani" in politica. Lei dice, però: "Il mondo giovanile, preso nell'insieme, è quello più inesperto e più coinvolgibile nel nuovo con una non diffusa capacità di ascolto critico. Per capire il tempo bisogna far ricorso all'esperienza dei saggi". Trova quella attuale una generazione di giovani senza memoria?
E’ una generazione più intelligente, che, come sempre, acquisirà crescendo esperienza e saggezza. Fermo restando che ogni generazione partecipa a una “storia” di cui la memoria è patrimonio in continua ricostruzione. O anche in distruzione.
I suoi metodi di protesta - resistenza passiva, non violenza, scioperi della fame e della sete - fanno oggi, forse, meno notizia di un tempo. Perché? C'è più disattenzione? Si dice "è il solito Pannella"?
La querelo o la picchio, se osa dire che i nostri metodi sono di “protesta”! Apprenda il significato della nonviolenza e dei satyagraha (della e per la forza del vero, delle realtà, della parola data, della “proposta”). Come – grazie a Marco Cappato - ha dichiarato il Parlamento Europeo, la politica dei diritti umani richiede la nonviolenza come unica arma adeguata per il suo compimento nel mondo. Il fatto che in Italia io rappresenti un po’ tutto ciò, spiega rispetto e affetto che sento spesso nella gente per “il solito Pannella”.
Nel libro scrive: "Se si ascolta una voce sola si finisce per credere a ogni promessa, a ogni suggestione. Le dittature del Novecento si sono basate sull'ascolto. Anzi: sull'ascolto della radio. La parola del tiranno [...] con i mass media arriva direttamente". Vede pericoli in questo senso in Italia, dove il sistema delle comunicazioni è pesantemente condizionato dai partiti? Perché parla di "contesto di scomparsa della democrazia che avvertiamo intorno"?
Non vedo “pericoli”, ma il proseguirsi sciagurato del peggio del secolo scorso, metamorfosi di quel male che in questo sessantennio si è vestito di antifascismo, per riaffermare invece il male totalitario fascista, comunista o fanatico che sia stato o sia. Noi chiediamo fiducia al Paese. Se sarà possibile, son certo che, malgrado l’assenza di democrazia e la corruzione partitocratica, riusciremo a sostituire il regime con uno nuovo. Con un Governo democratico, liberale, laico, federalista, di progresso. Esagero? Provare per credere!
Di Berlusconi scrive: "Non ha formazione politica. E’ intelligente, è capace. Ma non ha il senso delle compatibilità. E questo lo fa sconfinare molte volte nella volgarità”. Come commenta le sue parole su temi istituzionali di questi ultimi giorni?
Spaventato da cose ormai più grandi e gravi di lui, divenuto ultimo prodotto di quella partitocrazia che era nato per combattere. Abbiamo tentato solo noi di aiutarlo. Non ce l’ha permesso. Ormai si tratta di salvare anche lui e, per salvare il Paese, tutti noi. Si è creduto capace davvero, ma davvero di tutto. La Storia ci insegna che quelli come lui rischiano di condurre alla catastrofe anche se stessi, oltre che un intero Paese se questo non riesce a fermarlo e a sostituirne idee, ideali e quel “potere” partitocratico impotente - quindi prepotente - con un governo di grande radicalità riformatrice.
Parole di grande rispetto, nel libro, per il presidente della Camera Gianfranco Fini. Come giudica le tensioni in atto con il premier? E’ lui il futuro leader del centrodestra?
Lo conosco da trent’anni. Sono stato attento a lui e finora – ripeto, finora – l’ho visto crescere umanamente, culturalmente, ascoltando dentro di sé ciò che ha avuto origine dalla sua storia e da una natura certo non “antifascista” ma tantomeno “fascista”, ma alla fine convergente con la nostra. Speriamo, noi Radicali, di poterlo aiutare in questo cammino.
Tra le riforme di cui parla, cita come centrale quella della giustizia, "per evitare [...] i 150mila processi che ogni anno finiscono in prescrizione. I peggiori delinquenti, se ricchi, finiscono in prescrizione". Appoggia i tentativi di riforma messi in campo dalla maggioranza o li trova leggi ad personam mascherate?
La giustizia italiana è ridotta a sciagura per lo Stato e la società. La sua appendice è il mondo carcerario: una vergogna intollerabile, che impone una nuova forma di tortura di massa ai suoi abitanti. Dirigenti, personale penitenziario, universo dei detenuti. Finora hanno tutti, in genere, saputo miracolosamente convertire umiliazioni e sofferenze in una straordinaria testimonianza di crescita civile e umana
Nella foto che accompagna nel libro gli "elementi biografici", lei appare con i suoi genitori. Che cosa ha appreso da loro, che cosa le hanno trasmesso che ritrova nella sua azione politica e nelle sue convinzioni personali?
Anni fa un celebre endocrinologo svizzero, Vannotti, dopo un esame mi disse: “Le direi di ringraziare Dio, comunque ringrazi i suoi genitori, che le hanno trasmesso geni tali da renderla capace davvero di tutto. Avrebbe potuto vincere Nobel e olimpiadi, mi creda. Sono strafelice di averla studiata e curata, lei invece ha deciso di fare…il Pannella”. Li continuo ad amare e rispettare, se mi riesce, grazie alla capitiniana e buddista compresenza di vivi e morti, dicendo loro: siamo insieme amore e ve ne ringrazio.
Il libro termina con una citazione di Montanelli che, tornando sui luoghi della sua infanzia, diceva: "risento l'odore scomparso di bucato". "Anch'io"- scrive – "immagino quell'odore come compagnia del tempo futuro dopo la vita". Qual è il suo rapporto con la spiritualità? Crede in "un tempo futuro dopo la vita"?
Montanelli aveva evocato, parlandomene e scrivendone, l’odore scomparso di bucato ma parlando di noi Radicali e del suo insopportabile amico che ero e sono. Anni fa un abate di Boquen in televisione mi dichiarò: “piuttosto che un finale conflitto ‘fra scienza e fede’, penserei a uno fra ‘spiritualità e i religiosi potenti’.
Grazie amici di City, molte altre risposte sono nel libro di Stefano Rolando e Marco Pannella (Bompiani, 15 euro o 12 euro su www.lafeltrinelli.it). Un buon dono di Natale e, per come mi vedo allo specchio, per la Befana.
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