Articolo di Mara Gergolet pubblicato su Corriere della Sera, il 11/01/10
Ivo Josipovic ha un ufficio minuscolo e senza finestra. E se lo stile d`una stanza dice qualcosa di chi la abita, questa scelta di ritagliarsi un modesto angolo al quinto piano del suo quartier generale - sopra il centro commerciale Importanne nel cuore di Zagabria - è quanto meno in linea col ruolo pubblico che si è modellato: un intellettuale niente fronzoli, un «moralizzatore» anti retorico, asciutto, moderno, urbano. Ha uno staff giovane, al centro della stanza c`è un biliardino. E quando in una pausa sfida un collaboratore a una partita, mostra una mano e un istinto micidiali: 10 a zero, niente sconti o pietà.
Presidente, lei dice che in Croazia ha successo solo chi appartiene ai clan della mafia o a una delle 200 famiglie che si sono arricchite in circostanze oscure.
«La Croazia ha due problemi, la crisi economica e l`enorme corruzione. Fenomeni collegati, perché è proprio per la corruzione che la Croazia non è competitiva e non attira capitali stranieri. Alla fine degli anni 90, alcuni uomini legati allo Stato hanno acquisito enorme ricchezza e influenza. E il fatto che ci si possa arricchire senza lavoro o capacità ha modificato profondamente la nostra coscienza, soprattutto dei giovani: è un problema enorme».
Che fare?
«Occorre agire a due livelli: con la repressione, coinvolgendo polizia, magistrati, servizi segreti. E poi convincere le persone che la corruzione non è necessaria».
La Croazia ha continuato a essere un Paese autoritario anche in anni recenti, nell`era del premier Ivo Sanader?
«Occorre distinguere. Durante la guerra non si può praticare lo stesso livello di democrazia. E con Tudjman abbiamo avute parzialmente quest`esperienza autoritaria, però non comparabile alle dittature sudamericane. Dopo però abbiamo cominciato a costruire gli standard europei, e va dato atto a Sanader d`aver compiuto dei passi importanti».
Lei è uno degli autori dell`accusa di genocidio, rivolta alla Serbia davanti alla Corte Onu.
«Sì, ero capo del team legale che l`ha preparata».
Non crede che quella causa complichi i rapporti con Belgrado, che a sua volta ora vi accusa di genocidio?
«Intanto dovremo difenderci: ci sono stati in Croazia crimini di guerra, ma nessun genocidio. Io cercherò di negoziare con Belgrado, perché adempiano alle nostre richieste: informazioni sulle persone scomparse, processi sui crimini di guerra, restituzione del patrimonio culturale saccheggiato».
Sarebbe pronto a ritirare la causa?
«Se rispettano queste condizioni, perché continuare?»
Però state litigando anche con la Slovenia che ha bloccato a lungo il vostro Ingresso nell`Ue.
«Io ero contrario all`accordo sul confine (che ha risolto la disputa, ndr). La Slovenia ci ha ricattati. La Croazia così accetta di perdere qualcosa che secondo il diritto internazionale le appartiene. Inoltre, si dà l`impressione di comprare l`adesione all`Ue cedendo il proprio territorio. Però da presidente rispetterò l`accordo».
L`Ue ritarda il vostro ingresso: è troppo severa con voi?
«E vero, i criteri perla Croazia sono più alti che per altri in passato. Ma va bene, possiamo raggiungerli. Non solo per l`Ue, ma anche per il popolo croato. Perché rispettando questi criteri la Croazia sarà un Paese migliore».
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