Intervista a Emma Bonino: Una farsa chiamata reato di clandestinità

Emma Bonino: la leader radicale firma una proposta di legge per legalizzare i "clandestini" che lavorano. E attacca la "finzione" del reato di clandestinità.
La sua proposta, di questi tempi, non è molto popolare...
Di sicuro, se sei un politico, non porta molti voti. Gli immigrati irregolari, oggi, un po’ li cacciamo, un po’ li teniamo nascosti. E si continua a predicare quest’idea di un’Italia bianca, cattolica romana, mono-etnica...
Lei, invece, non è d’accordo.
È lo stesso di dire “sono no global”, o “sono contro il vento”. Può non piacerti la pioggia, va bene, ma forse è meglio se ti compri un ombrello. Io ho una visione del nostro presente e futuro che è un po’ diversa.
E com’è?
Abbandonare la logica della paura e dei pregiudizi. E cercare una strada per raggiungere l’integrazione intesa come responsabilità condivisa. Per questo ho partecipato agli Stati generali degli immigrati di Milano (un grande incontro su questi temi organizzato dagli immigrati, sabato scorso, ndr.).
Secondo lei senza gli immigrati non c’è futuro...
Solo dal punto di vista demografico, nel 2050 in Europa mancheranno 60 milioni di persone, per mantenere lo stesso livello di popolazione di oggi. Senza immigrati spariremmo. Poi l’immigrazione è un fenomeno antichissimo, di cui noi siamo stati protagonisti...
Intende dire che senza migrazioni, noi italiani non saremmo quelli che siamo?
Esatto, basterebbe fare appello alla nostra memoria collettiva per sapere che le persone si sono sempre spostate. Ed è un fenomeno destinato a rimanere con noi. Una politica che non si occupi di questo è miope.
Be’, la Lega a suo modo si occupa molto di immigrazione.
Ma la Lega non ha l’obiettivo di governare il fenomeno: ha solo quello di accrescere il consenso. E quindi le bastano i messaggi: fa delle leggi manifesto, ma non le applica.
Per esempio?
Il reato di clandestinità: si applica solo quando ci gira. Perché se dovessimo applicarlo sul serio e mandare i vigili urbani a fermare tutti gli stranieri per chiedere il “papiello” di soggiorno, non ci basterebbero le carceri. E si fermerebbe anche il Paese.
Oggi è passata l’equazione “clandestino=criminale”. Invece lei sottintende che la maggioranza degli immigrati irregolari sono lavoratori in nero, giusto?
Sì lavorano per gli italiani, che – da quando c’è il reato di clandestinità – sono criminali anche loro: con la legge del governo dovremmo mettere in galera sia il pakistano che munge le mucche in Brianza, sia il suo capostalla italiano. Nessuno dice che spesso gli immigrati sono obbligati a stare in nero.
Perché?
Perché adesso non c’è modo di regolarizzarli: in teoria gli immigrati possono avere il permesso di soggiorno solo se arrivano dall’estero avendo già un lavoro. Chi arriva e lo cerca qua, di solito è “clandestino”. Da qui la mia proposta di legge.
Cosa prevede?
Di legalizzare chi è già qui e lavora, indipendentemente dal mestiere.
In pratica quello che il governo ha già fatto per le badanti.
Esatto. Ma così è stata una discriminazione: perché le badanti sì e i muratori no?
Infatti c’è gente che ha un altro lavoro...
E ha iniziato a dichiararsi badante. Oppure si creano delle situazioni assurde. Faccio l’esempio di una coppia di italiani che gestisce un ristorante e ha assunto una coppia di egiziani. Con la legge del governo, potranno legalizzare lei, che è badante. Ma non lui che fa il pizzaiolo nel ristorante. Non ha senso.
Lei era agli Stati generali dell’immigrazione. Dal confronto con loro cosa emerge che di solito non si prende in considerazione?
Non emerge mai cos’è la buona immigrazione: gente che lavora, che produce il 9,2% del Pil. È vero che le cattive notizie fanno notizia e le buone notizie non fanno notizia, ma sugli immigrati da mesi assistiamo a una vera e propria campagna mediatica che sottende una precisa volontà di generare allarme e paura tra gli immigrati.
In questo periodo si parla anche di cambiare la legge sulla cittadinanza: cosa ne pensa?
È l’altra questione fondamentale per costruire un futuro condiviso. Per un immigrato diventare cittadino italiano significa voler appartenere alla nostra comunità e alla sua crescita. Per questo bisogna facilitare questa scelta. Poi si può discutere di voto locale, cittadinanza a punti, etc. Ma è importante andare in questa direzione di inclusione.
Pensa che con queste misure la questione immigrazione possa essere “risolta”?
Senz’altro la strada è questa. Poi bisogna sapere che non abbiamo un modello “perfetto” da seguire. È un tema difficile e faremo degli errori: dobbiamo essere pronti a correggerli. Finora, però, abbiamo fallito perché abbiamo scelto il pregiudizio e la paura.
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