Intervista al ministro Jaua:«A Caracas il dialogo va avanti. Nessuna amnistia per i violenti»

Dalla Rassegna stampa

«Negli ultimi 15 anni in Venezuela ci sono state 19 prove elettorali e noi ne abbiamo vinte 18: è l’espressione di una volontà che va rispettata.Il problema è che da noi la destra non sa perdere le elezioni e quando succede ricorre subito alla lotta violenta per rovesciare un governo legittimo. Questo non è accettabile. Il presidente Nicolas Maduro crede nel dialogo come formula per superare la crisi del nostro Paese». Elías Jaua è da gennaio il ministro degli Esteri venezuelano. A Roma per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ha risposto alle domande del Corriere sulla grave situazione del Paese sudamericano.

Signor ministro, la situazione sembra sfuggirvi di mano. L’inflazione viaggia verso una media annua del 75%, la protesta politica e sociale dilaga. Come spiegate questo fallimento e come intendete uscirne?
«È da dicembre che si susseguono attacchi speculativi alla nostra moneta Sono apparse pagine su Internet, gestite da Miami, che operano un cambio parallelo. È aumentato il contrabbando di merci venezuelane verso la Colombia e la fissazione arbitraria dei prezzi di prodotti di basso consumo. Tutto ciò ha spinto in alto il tasso d’inflazione già alla fine del 2013. Voglio dire che c’è stato un attacco concertato e deliberato contro l’economia».

Da parte di chi?
«Di settori dell’opposizione al fine di creare un clima di destabilizzazione, contando sul fatto che la morte del presidente Chàvez avrebbe indebolito il progetto rivoluzionario. Ora, non c’è dubbio che l’economia venezuelana abbia problemi strutturali, basati sul fatto che essa si sostiene soprattutto sul petrolio. Nonostante gli sforzi fatti in questi 15 anni, non siamo riusciti ad aumentare la produzione necessaria per soddisfare la crescente capacità di consumo».

Ma 15 anni sono tanti. Avete fallito.
«Non abbiamo giocato da soli. C’è stato sin dall’inizio un attacco pesante al processo politico-economico iniziato dal presidente Chévez. Le ricordo che nel 2002 l’opposizione paralizzò completamente l’industria petrolifera: ci costò più di 20 miliardi di dollari. Nel 2004-2007 ci furono altri sabotaggi. Eppure la produzione è aumentata, compreso in un settore complesso come l’agricoltura».

Avete in corso una trattativa, mediata dal Vaticano e da altri Paesi latino-americani, con l’opposizione. Ma non con tutta. Perché?
«Non siamo stati noi a escludere alcuno dal dialogo».

Ma avete arrestato Leopoldo López.
«López è stato fermato per essere stato uno dei promotori delle violenze. A dicembre 2013, abbiamo avuto il 75% dei voti nelle elezioni municipali. E subito dopo il presidente Maduro ha lanciato un’offerta di dialogo a tutta l’opposizione, compresi i sindaci del movimento di López, il quale però ha chiesto di rovesciare il governo legittimo. In gennaio ha guidato personalmente azioni violente, che hanno portato alla distruzione della Procura generale della Repubblica».

Come procedono le trattative?
«L’agenda si basa sull’accettazione e il rispetto della Costituzione e sul rifiuto della violenza come mezzo della lotta politica. Su temi come economia e sicurezza stiamo facendo progressi. Ci sono temi più difficili, proposti dal l’opposizione, come l’amnistia. Noi diciamo che l’amnistia non può includere chi in questi mesi si è reso responsabile di gravi violenze, compresi omicidi, come quelli di poliziotti».

Secondo Mario Vargas Llosa, il Venezuela non è più una democrazia. Come rispondete?
«Noi ignoriamo questo signore».

Ma le organizzazioni umanitarie vi accusano di aver violato i diritti elementari.
«Non c’è alcuna prova. Le nostre forze dell’ordine hanno affrontato 18mila azioni di violenza da parte dell’opposizione nei mesi recenti, agendo legalmente. Solo in 17 casi è stato provato che la polizia abbia agito ai margini della legge: maltrattamenti e abusi, compresa la morte di due persone. Tutti gli agenti coinvolti sono sotto processo. Il Venezuela è una democrazia permanente a pieno titolo. Alle ultime elezioni presidenziali ha votato l’88% degli elettori, la società ha fiducia nelle istituzioni. C’è piena liberta di stampa e di espressione. Ma il tentativo di far cadere con la violenza un governo legittimo è inaccettabile».

 

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