Intervista al ministro Alfano: ora i violenti fuori dagli stadi a vita

Dalla Rassegna stampa

«Daspo a vita». È la nuova sfida di Angelino Alfano: il giorno dopo lo choc dell’agguato ai tifosi del Napoli, lancia l’idea di uno strumento che faccia sloggiare definitivamente i violenti dagli stadi. E non solo dagli impianti sportivi. L’idea del ministro dell’Interno è allargare l’area di applicazione del Daspo, che è una misura di prevenzione affidata ai questori, odiatissima dagli ultras, anche ai fenomeni di intimidazione e violenza che si possono verificare fuori dai cancelli, ma pur sempre in connessione eventi sportivi.

Ministro Alfano, ci spieghi questo Daspo a vita.
«Mi rendo conto che la proposta è molto forte e dura. Stiamo pur sempre parlando di misure di polizia: renderle eterne è difficile, ma la mia idea è che occorre inasprire le misure contro i violenti. Ad esempio raddoppiando iI Daspo in caso di recidiva. Oggi è 5 anni più 5; si potrebbe fare 5 più 10. Va poi allargato a chi, al di là del fatto sportivo, dia problemi di turbativa di ordine pubblico, colpendo, ad esempio, un ultras già noto per i comportamenti allo stadio e che poi ti vandalizza un’area di servizio. O ancora, prevedendo un Daspo preventivo per il branco, non solo per il capobranco. In questo caso, colpendo chi sia protagonista di atti intimidatori connessi ad evento sportivo e commessi in gruppo».

In passato, il Viminale aveva ipotizzato un Daspo, ossia un divieto a partecipare, anche per le manifestazioni politiche, non solo quelle sportive.
«In questo caso pensiamo a un Daspo rafforzato, ma agganciato all’episodio sportivo e non di più».

Ha fatto scalpore l’immagine di quel capotifoso del Napoli che tratta con i funzionari dì polizia per dare il via alla partita. A questo siamo ridotti? A uno Stato che deve trattare con i violenti?
«Alt, la interrompo: non c’è stata nessuna trattativa dello Stato. Non sta né in cielo né in terra. Come Stato siamo e saremo in grado garantire l’ordine pubblico. Non vorrei che definirla "trattativa" fosse una semplificazione giornalistica. All’Olimpico è accaduto che i responsabili delle due società calcistiche hanno ritenuto opportuno di far dialogare tra loro i capi delle due tifoserie per far abbassare la tensione. Il Napoli, poi, in consultazione con i responsabili dell’ordine pubblico, ha ritenuto giusto informare i tifosi attraverso il suo capitano Hamsik delle esatte dimensioni di quanto accaduto a via Tor di Quinto. Era giusto informarli che il giovane ferito non era stato vittima di un’aggressione tra tifoserie, ma di tutt’altro. Il dialogo è servito a rassicurare gli animi. Perché, vede, sabato, allo stadio si è pagato in termini di tensione quanto accaduto molto fuori, a 3 o 4 chilometri di distanza».

Ecco, a proposito di quanto accaduto a via Tor di Quinto, lei che ne pensa?
«La versione del questore mi pare pienamente convincente».

E che conclusioni ne trae?
«Che attorno al calcio circolano ancora pulsioni violente, belve travestite da tifosi, che rovinano lo sport più amato dagli italiani. Quelli che vanno in giro per Roma e per le altre città con le spranghe in mano e con le catene, sono delle belve che vanno immediatamente arrestati».

Beppe Grillo sostiene che l’altra sera all’Olimpico è morta la Repubblica.
«Mah, Grillo è sempre più ovvio. Da sfogo al partito della rabbia; questo è lo spazio che si è ritagliato. Lui rappresenta la rabbia. Noi la speranza».

Dentro e fuori lo stadio, però, è accaduto qualcosa di grave, o no?
«Sicuramente. Si è verificato qualcosa che ci indigna tutti e che non deve mai più accadere. Vede, pochi mesi fa ho presentato una serie di misure che, secondo noi, potranno favorire un ritorno della gente negli stadi. Non le elenco tutte. Ma una ci tengo a ricordarla: la divisione degli stadi in sottosettori, in modo che, in caso di sanzioni della giustizia sportive, si possa colpire un sottosettore, e quindi un predeterminato gruppo, e non l’intera tifoseria di una squadra. Noi però dobbiamo facilitare il ritorno delle famiglie e dei bambini allo stadio. Dopo il caso Raciti, il pendolo si è spostato sulla sicurezza, con la Carta del tifoso e quant’altro. Giustissimo. Ma gli stadi si sono spopolati. Ora dobbiamo riavvicinare la gente alla partita».

A proposito del povero Filippo Raciti, ucciso da un ultras nel 2007, ieri la vedova lamentava il silenzio delle autorità sullo sfregio subito da quel capotifoso che inneggiava all’assassino.
«Ho sentito la signora Raciti, le ho detto che siamo dalla sua parte, dalla parte delle divise, e che andrò a trovarla in Sicilia».
 

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