Intervista ad Antonio Gomez: "Una corte penale ad hoc per i crimini ambientali"

Contro il riscaldamento globale non servono grandi dichiarazioni, ma misure concrete che impediscano alle grandi imprese dei paesi sviluppati di inquinare quelli in via di sviluppo», dice al manifesto il procuratore argentino Antonio Gustavo Gomez. Gomez ha proposto all`europarlamento l`istituzione di una corte penale europea anche per i reati ambientali: «In un mondo globalizzato - afferma - non possiamo più intendere l`ambiente soltanto come spazio in cui un individuo sviluppa la propria attività, dobbiamo guardare all`insieme dell`umanità. Il diritto a un ambiente sano, attraversa tutti gli altri ambiti giuridici: dal diritto internazionale a quello costituzionale, civile, del lavoro e, oggi, attiene anche al diritto penale». La sua analisi parte da lontano: «In un modello capitalistico cosiddetto-democratico, è il capitalismo keynesiano che fa del benessere umano un bene negoziabile: chi ha mezzi, lo compra, gli altri ne sono esclusi. Il benessere, non è un bene comune come vogliono farci credere, non è alla portata di tutti. Occorre togliere dalle fauci del potere economico, che se ne serve per i suoi affari, la presunta difesa di un ambiente sano, che è parte imprescindibile del benessere generale». E qui, secondo Gomez, si entra nel merito del «diritto penale partecipato» (nel senso che, a istruire l`atto d`accusa contro le imprese, devono soprattutto essere le comunità di cittadini): «Chi distrugge l`ambiente - prosegue - aggredisce persone fisiche, è perseguibile penalmente e può andare in prigione: i responsabili delle grandi imprese possono pagare le multe, contrattare il prezzo della salute o della vita altrui, ma non sopportano la galera». La Corte penale europea sarebbe un primo passo verso l`inclusione dei delitti ambientali fra quelli sanzionabili dalla Corte penale dell`Aja: «Ma per questo - precisa Gomez - occorre la firma di 70 paesi e la modifica del trattato di Roma: almeno 15 anni. Invece, per un`iniziativa simile a li- vello europeo, bastano 17 firme». Gomez fa parte della Red latinoamericana de Publico ministerio ambiental, la rete «orizzontale» di 200 procuratori ambientalisti, nata circa un anno fa. Compito della Red, «promuovere azioni concrete nei singoli stati, trovare i sentieri legislativi adatti per arrivare allo scopo senza aspettare consensi politici e rogatorie internazionali». Così, per combattere la deforestazione selvaggia, i supereroi del codice ambientale - all`occorrenza i procuratori di Brasile e Paraguay - cominciano col perseguire il contrabbando di legname tra i due paesi: «Con due azioni coordinate - racconta Gomez - da un lato abbiamo fatto arrestare i contrabbandieri del legno, dall`altro abbiamo neutralizzato la rete di camion che facevano contrabbando di carbone. Se facessimo questo con i giudici italiani contro il contrabbando di rifiuti tossici nel terzo mondo, sarebbe un bel passo avanti». II contrabbando del legname, oppure le attività produttive inquinanti, però, sono spesso l`unico mezzo di sopravvivenza per le popolazioni senza garanzia, e così capita che gli stessi lavoratori si oppongano alle chiusure degli impianti». «Le grandi imprese - risponde - non vogliono spendere per mettere a norma impianti che in certi paesi industrializzati non sono consentiti. Lo fanno se vengono obbligate. Nessuna azione legale è però efficace senza la partecipazione dei lavoratori, dei movimenti ambientalisti, dell`informazione alternativa. Bisogna spiegare che, sul medio periodo, la deforestazione selvaggia rovina altri poveri del mondo e che la lotta al riscaldamento globale non è più procrastinabile». Quella della «giustizia climatica» riconosciuta a livello internazionale, è anche la proposta che presenteranno a Copenhagen i paesi dell`Alba (L`alternativa bolivariana per i popoli della nostra America promossa da Cuba e Venezuela) su indicazione delle comunità indigene. Intanto, con l`aiuto di esperti internazionali in diritto ambientale, i movimenti sociali boliviani hanno creato a Cochabamba una propria versione del tribunale penale internazionale che ha esaminato le accuse delle comunità indigene di Bolivia, Colombia, Perù e Salvador, le più colpite dalle conseguenze del riscaldamento climatico accelerato dalle imprese minerarie locali. Un percorso irto di ostacoli, che però - racconta Gomez - in Argentina ha già dato risultati, portando alla sbarra l`impresa mineraria Alumbreda: una multinazionale a capitale svizzero che sfrutta le miniere nella zona di Tcuman. Una multinazionale potente, la Alumbrera, ma «la popolazione e i giudici hanno lavorato insieme», e alla fine, «il vicepresidente del gruppo è stato messo sotto accusa e rischia vent`anni». In questa fase di allarme del pianeta afferma Gomez - «è importante che i paesi si dotino di una legislazione penale specifica in tema di ambiente (l`Italia non ne ha una, il Belgio l`ha adottata da qualche mese), ma non è imprescindibile». Intanto, si può lavorare su questioni «periferiche»: per esempio, «mettere sotto accusa le amministrazioni se non controllano le imprese che inquinano». Gomez, tiene però a precisare ancora che la lotta contro le imprese che inquinano non è questione da demandare solo ai giudici e ai codici, ma al controllo diretto delle comunità locali. Perché - dice - i giudici si possono corrompere e i governi si fanno convincere dalle multinazionali: che inquinano, sì, ma finanziano anche scuole, ospedali, infrastrutture. Così, capita che anche in un paese progressista come l`Argentina «una grande impresa mineraria chieda di installarsi alla frontiera con il Cile, ma la legge che protegge i ghiacciai le vieta di prendere i 15 milioni di litri d`acqua all`ora che le occorrono». E capita allora «che il decano di una grande multinazionale del gruppo minerario più importante si riunisca con la presidente Cristina Kirchner e che quella legge di protezione ambientale venga abolita». «I governi conclude Gomez - spendono soldi e mezzi per combattere il narcotraffico. Mica aspettano di vedere il morto prima di arrestare i trafficanti. Basta il pericolo reale. Così bisognerebbe fare perle imprese che inquinano. Chi compra coca, lo fa per scelta, chi muore o si ammala per l`inquinamento, no di certo».
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