Interruzione di Pubblico Servizio

Non c`è nulla di strano che come in altri Paesi anche in Italia - dove pure il diritto all`aborto è stato riconosciuto per legge trentadue anni fa, e riconfermato con referendum popolare ventinove anni fa - l`introduzione della pillola abortiva riapra una discussione mai sopita, in tutto questo tempo. Ma tra le parole del Papa e quelle dei neogovernatori leghisti del Piemonte e del Veneto una distinzione va fatta. Che Benedetto XVI in questo momento richiami i cattolici a battersi per il rispetto della vita fin dal concepimento, è logico, e perfino ovvio. E tuttavia, se Cota e Zaia sono liberi, in quanto cattolici, di manifestare opinioni coincidenti con quelle del Papa, le cose che hanno detto come governatori appena eletti sono sorprendenti e in qualche modo illegittime. Non c`entrano né le confessioni religiose né le posizioni politiche. Il primo dovere di un presidente della Regione, specie se scelto direttamente dal popolo, è assumere l`impegno, non solo con i suoi elettori ma anche con quelli che non lo hanno votato, di rispettare le leggi. Tutte le leggi, anche quelle che non gli piacciono, come la 194. E di garantire a qualsiasi cittadino i diritti assicurati da norme consolidate.
Questo normale dovere, di una persona che assume una responsabilità pubblica importante come quella di guidare l`amministrazione di una Regione, dovrebbe essere scontato. Se non lo è, o non lo è più, solo perché per la prima volta sono stati votati due governatori leghisti, in Italia la confusione è destinata ad aumentare. Infatti, superata la parentesi, carica di passioni e di tensioni, della campagna elettorale, e conosciuti i risultati e i nomi degli eletti, i cittadini, di qualsiasi opinione, non dovrebbero preoccuparsi di vivere in un altro mondo. Naturalmente ogni riforma è possibile, ogni legge può essere cambiata, ma finché questo non avviene il governatore, come ogni altra pubblica autorità, fa quel che deve, non ciò
che vuole. Anche se ha in mente la rivoluzione. Ecco perché le affermazioni di Cota e Zaia sono incomprensibili. Provengono, è bene ricordarlo, non da due giovani che hanno appena smesso di marciare in un corteo studentesco, ma da due uomini politici di una certa esperienza, uno capogruppo ancora in carica dei deputati leghisti, l`altro ministro dimissionario dell`Agricoltura, che si sono candidati davanti agli elettori con volti e idee moderati. E per questo sono stati apprezzati dalla maggioranza dei cittadini e sono usciti vincitori da competizioni elettorali neppure tanto drammatiche, in cui il massimo della suspense, nel caso del Piemonte, è stato attendere fino a notte fonda lo spoglio delle schede.
L`idea che Cota, a due giorni dal voto, si alzi e dica che farà marcire nei magazzini le pillole abortive pur di evitare di somministrarle a donne che hanno diritto di chiederle, oltre che necessità, è incredibile. Non sta a lui decidere di queste cose, e se lo facesse quasi certamente rischierebbe di commettere reati. Se le pillole abortive acquistate dagli ospedali su indicazione dei medici che intendono usarle (la 194, va ricordato, prevede anche l`eventualità dell`obiezione di coscienza dei sanitari contrari all`aborto per ragioni di principio) dovessero, per ordine del governatore, essere effettivamente abbandonate in qualche sotterraneo, si verificherebbero, insieme, una parziale interruzione di un servizio pubblico (la mancata assistenza a donne che non sono in grado di portare avanti una gravidanza, e vorrebbero interromperla avvalendosi del nuovo metodo chimico, meno invasivo di quello tradizionale) e lo spreco del denaro pubblico speso per l`acquisto dei farmaci necessari. Lo stesso vale per quel che ha detto Zaia sulla sua intenzione di bloccare gli ospedali veneti che sì accingono a usare la pillola.
Che il dibattito sull`aborto (meglio, sul diritto di abortire) si ponga oggi in termini diversi rispetto a trent`anni fa, è assodato. Per effetto del progresso scientifico, che ha fatto molti passi avanti in oltre tre decenni, sono cambiati l`inizio e la fine della vita, ciò che una volta sembrava affidato al destino
oggi è in larga misura prevedibile, determinabile, evitabile, e questo, in alcuni casi, provoca dubbi e apre interrogativi per cui non sempre c`è risposta.
Così si capisce che all`aspetto culturale e di principio del problema si siano appassionati anche laici non credenti, e due anni fa, alle ultime elezioni politiche, un giornalista, un intellettuale come il direttore del Foglio Giuliano Ferrara, partendo da posizioni di minoranza, abbia voluto proporre provocatoriamente una lista «pro-life», per spingere laici e cattolici - almeno quelli di centrodestra - a uscire dalle ipocrisie sul terreno delicato della vita e della morte, della fede e della scienza.
In una discussione completamente diversa, e anche apertamente contraddittoria, rispetto al passato,
poco o pochissimo spazio hanno trovato gli aborti e i parti clandestini, i primi drasticamente ridotti grazie alla 194, gli altri tristemente moltiplicatisi, specie all`interno delle comunità di extracomunitari, con conseguenze quasi sempre letali per i neonati.
Ma nella giornata in cui i suoi due nuovi colleghi leghisti hanno straparlato di aborto, non è male che a ricordare questo aspetto del problema sia stata pure Renata Polverini, governatrice di centrodestra del Lazio, schierata per la vita, ma consapevole del suo obbligo di rispettare la legge.
© 2010 La Stampa. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments