Int. a A. Zaia: andare al voto è inevitabile il Pdl pagherà gli scandali

«Questa è la cronaca di una morte annunciata».
Che cosa intende, presidente della Regione Veneto Zaia? «Il voto anticipato, a novembre o dicembre, a questo punto mi sembra inevitabile».
Anche se i finiani dovessero dire sì ai cinque punti che Berlusconi presenterà alle Camere? «Bisogna essere pragmatici, e capire bene quello che succederà. Ormai i programmi non servono più a niente, a Roma come nelle amministrazioni locali. Sono solo un elenco di titoli, sui quali si trova sempre l'accordo -ultra generico - di tutti. I problemi cominciano dopo, quando i programmi devono essere trasformati in provvedimenti di legge».
E che cosa succede? «Ambasciatori che vanno da una parte all'altra per modificare le proposte originali, valanghe di distinguo...».
Se è così, non ci sono vie d'uscita, perché tutti gli accordi sono scritti sull'acqua... «E infatti io dico che se si andrà a votare, bisognerà farla finita con questo andazzo: dovremo depositare non il programma elettorale, ma i disegni di legge. Se invece adesso andiamo in Parlamento con questi benedetti cinque punti, sarà inevitabile che il giorno dopo averli votati qualcuno riapra il solito circo».
Presidente, ormai è chiaro: voi della Lega volete andare subito al voto perché i sondaggi vi sono favorevoli; per Berlusconi è il contrario, e infatti lui frena: si apre una competizione vera anche nella vostra alleanza finora blindata? «Nelle alleanze i problemi ci sono sempre. Lo vedo anche nel mio Veneto: le difficoltà più che dall'opposizione spesso si annidano nella maggioranza, anche se devo dire che in questo momento con il Pdl le cose stanno andando bene». «Bossi ce lo dice sempre: bisogna vincere, non stravincere. Dice anche che da soli si fa prima e che però insieme si percorre una strada più lunga, si va più lontano».
Dunque? «C'è poco da fare: noi saremo premiati per la nostra coerenza, mentre loro sconteranno gli effetti delle ultime vicende. Detto questo, la cosa fondamentale da considerare è il rapporto tra Bossi e Berlusconi. Rapporto solido, strettissimo, che va anche al di là della politica. E comunque Umberto non è mai andato alle elezioni con il pallottoliere in mano».
Però voi crescerete, i vostri alleati no. «Crescerà qualcuno anche nel centrosinistra, come Di Pietro. Con lui non condivido nulla, non si può fare politica seminando odio. Ma il suo messaggio è chiaro».
Tornando ai rapporti tra Lega e Pdl? «L'unica cosa che potrebbe rovinare questa proficua stagione di intesa è che nella coalizione cresca la volontà di correre non per ottenere dei risultati, ma per impedire che li consegua il partner. Per colpirlo, insomma».
Non è che sta ripensando alla sua campagna elettorale, e ai bastoni tra le ruote che le ha messo Galan? «Del mio predecessore io non parlo. Però è certo che in vent'anni di esperienza amministrativa, i problemi maggiori sono venuti fuori dalla maggioranza. E quando si entra in questo meccanismo perverso, le amministrazioni vanno a finire male. E' esattamente quello che sta succedendo adesso a Roma».
Con chi ce l'ha? Solo con Fini o anche con qualcun altro? «Ho fatto una constatazione che riguarda la condotta del presidente della Camera. E qui voglio fermarmi».
Dunque non c'è storia: si vota in autunno perché così vuole la Lega. «Vorrei tanto che nella maggioranza uscita dalle ultime elezioni ci si baciasse tutti sulla bocca. Ma questo non è possibile, inutile farsi illusioni. Prima si vota e meglio è».
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