Int. a S. Chiamparino - Chiamparino: è l'ora della lega di sinistra

Dalla Rassegna stampa

«Dopo tre sconfitte consecutive, alle politiche, alle europee e alle regionali, è gli evidente che qualcosa non va: Bersani deve rovesciare l’impostazione del partito, azzerando i "caminetti" per togliere potere alle correnti e affidare il Pd a chi ha la credibilità per rappresentarlo sul territorio, come i sindaci e i governatori. Altrimenti rischia di essere cannibalizzato dalle faide interne come è successo agli altri segretari». Sergio Chiamparino non è tenero nella sua analisi dei dopo voto e rilancia la sua idea di costruire ora un nuovo soggetto di coalizione, proprio partendo dalle riforme, «dove sarebbe opportuno cercare di costruire una proposta riunendo intorno ad un tavolo le opposizioni, da Vendola a Casini, passando per Di Pietro».

La prima questione è se il Pd debba partecipare con un ruolo attivo a questa partita o restare in difesa, perchè comunque vada a finire farebbe un regalo a Berlusconì. Lei cosa suggerisce?
«Secondo me deve partecipare al tavolo, senza trasformarlo in una "turris eburnea" distante dai problemi veri del paese, perché una riforma fiscale che restituisca risorse a chi investe e consuma è una priorità per i cittadini. Sul resto, va bene ripartire dalla bozza Violante, ma il presidenzialismo non deve essere un tabù, non è una bestemmia. Certo è un’impalcatura opposta alla nostra e non se ne può prendere solo un pezzo lasciando il resto come è, altrimenti si finisce in un sistema plebiscitario».

Il Pd soffre della sindrome dei "vorrei ma non posso" dovuta alla paura di farsi impallinare da Di Pietro e dai "grillini"?
«Non dobbiamo farci condizionare da questo timore, perché a differenza di Grillo, noi dobbiamo essere capaci di portare un disegno complessivo di modernizzazione del paese. Poi è chiaro che alcuni dei loro temi, come la "decastizzazione" della politica, sono giusti e dobbiamo assumerli noi per primi. Comunque sia, nell’elaborazione di una proposta, privilegerei una logica di coalizione, perché questa è una fase in cui cominciare a costruire un campo che assomigli sempre di più ad un soggetto politico nuovo. Bisogna dunque costruire un percorso di questo tipo consultandosi prima con i possibili alleati».

E in questa fase sarebbe opportuno offrire una sponda alla lega sulla proposta dei semipresidenzialismo?
«Francia, Germania o Usa sono modelli diversi di democrazia, il problema è che se si elegge direttamente un presidente della Repubblica con poteri anche esecutivi, è chiaro che ci debbano essere dei poteri di bilanciamento in altri organismi molto più forti di quelli che ci sono adesso. Poi se non ricordo male, il semipresidenzialismo è stata una delle nostre proposte nella famigerata Bicamerale. E non mi stupirei se un presidenzìalismo presentato come un modello compiuto sull’esempio di altre democrazie, condito da una riduzione dei Parlamentari, passasse l’esame di un referendum tra gli italiani. Quindi non mi alzerei dal tavolo per una proposta del genere, ma piuttosto se si aprisse il rischio di una Bicamerale bis, cioè di un pacchetto di riforme istituzionali che non tenga conto dei temi del lavoro e dello sviluppo».

Fa bene il Pd a porre come condizione per un confronto la disponibilità a cambiare la legge elettorale visto che su questo tema il partito è diviso da anni?
«Direi di sì, perché quella in vigore è una pessima legge e va cambiata. Io preferirei tornare al maggioritario e ai collegi uninominali per ridare ai cittadini la possibilità di scegliere».

Ultima domanda, ma quando lei invoca un partito federalista cosa ha in mente?
«Un partito che abbia una sua unità nazionale data dall’insieme di partiti fortemente radicati sul territorio, capaci di fare scelte diverse sui programmi, ma anche, se necessario, sulle alleanze. Per semplificare, potremmo definirlo pure una "Lega di sinistra" che però si muova su binari di valori e ideali opposti a quelli dei leghisti. E in fondo non sarebbe molto diverso da quello che sta facendo Berlusconi tenendo insieme il Pdl più radicato al centrosud con il partito del nord che è la Lega».

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