Int. a R. Bindi - "Stop al duello D'Alema-Veltroni il partito ha scelto il maggioritario"

Sulla legge elettorale con chi sta lei, presidente Bindi, con D'Alema o con Veltroni?
«Io sto con il Pd, con la sua assemblea e con il buonsenso del popolo democratico. Una nuova legge elettorale è necessaria, è in gioco la qualità della democrazia. Perciò chiediamo a tutti in Parlamento di lavorare a una nuova legge. A Berlusconi per primo offriamo la possibilità di cambiare insieme la legge elettorale».
Ma al premier non interessa affatto.
«Sia il Pdl che la Lega dicono di essere indisponibili. Eppure sono a loro volta vittime della legge "porcata". Gli si sta sfasciando tra le mani la maggioranza perché questa legge costringe ad alleanze e coalizioni disomogenee. Il Pd ha il dovere di costruire una maggioranza per modificare questa legge, presentando una sua proposta».
I Democratici sono un po' confusi sulla proposta, non crede?
«Il Pd deve essere pronto a mediare sulla riforma possibile. Però è necessario un mandato preciso sul punto di caduta della mediazione. Quindi ha ragione Bersani quando dice che non ci presentiamo con un modello, né il tedesco, né il francese, né lo spagnolo ma con alcuni principi peraltro discussi e approvati dal "parlamentino" del partito. I principi sono: restituire agli elettori la possibilità di scegliere i singoli parlamentari; non espropriare i cittadini del diritto di scegliere la coalizione di governo nel rispetto della democrazia parlamentare e delle prerogative del presidente della Repubblica. L'assembla del Pd ha dato l'ok a un sistema maggioritario uninominale possibilmente a doppio turno. Siamo tutti vincolati a quel mandato. Il Pd, che giustamente riscopre e rilancia l'Ulivo - ovvero un progetto che tiene insieme compiutezza del partito e coalizione - deve puntare a un sistema elettorale in cui le alleanze non servono a completare il progetto del nostro partito ma a costruire una coalizione di governo».
In pratica è un no a D'Alema, il suo?
«D'Alema deve portare la sua discussione nel partito e non può ignorare quello chel'assembleaha deciso».
Dà ragione a Veltroni, benché lei sia stata molto dura stoppando l'ipotesi di una candidatura a premier dell'ex segretario?
«Anche Veltroni è vincolato all'assemblea e allo statuto. Questo partito non è riducibile a Veltroni D'Alema, è ora di uscire da questa strettoia. Siamo tutti stufi. Il Pd non ha neanche una contrapposizione "nativa", cioè democratica, sono tutte ereditate dal passato. Vuole sapere con chi sto? Con Bersani e poi con me stessa, con la Bindi. Sulla premiership, il candidato è il segretario Bersani e, comunque, il pallino è nelle sue mani e non è possibile che ogni giorni sia insidiato da una autocandidatura».
No però alle coalizioni post-voto?
«Sono gli elettori a scegliere. Anche nell'ipotesi del terzo polo, dovranno prima dire con chi stanno».
Partono gli appelli: uno è promosso da Emma Bonino e dal Pr per l'uninominale, un altro da "Giustizia e Libertà": lei aderisce?
«È vero che noi siamo un bipolarismo malato, ma perché abbiamo ereditato le malattie del sistema precedente. Non è solo con gli appelli o i referendum che si risolvono le questioni elettorali».
Il Nuovo Ulivo avrà gambe o tutt'al più sarà un semplice cartello elettorale? Parisi lo boccia.
«La forza del Nuovo Ulivo sarà quella di ridare speranza all'Italia. Un'idea nuova di sé, di ritrovare il senso del futuro. La cosa più preziosa dell'Ulivo nel 1996 fu appassionarsi alla sfida per l'Europa. Se i giovani all'anagrafe, mi riferisco a Renzi, sbadigliano davanti a un progetto nuovo per il paese, mi preoccupano. È ovvio che il nostro popolo e i delusi da Berlusconi ci ascolteranno se parleremo di lavoro, di giustizia, di scuola, di legalità, di Costituzione, di un'Italia che ritrova se stessa dopo le sceneggiate di Gheddafi, le leggi ad personam. Poi discuteremo di alleanze con Di Pietro, Vendola, Casini».
Anche con Fini?
«Con tutti coloro che hanno a cuore la democrazia nel nostro paese».
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