Int. a P. Fassino - "In Lombardia serviva una soluzione ma Napolitano è stato una vittima"

Dalla Rassegna stampa

Risposta di piazza e difesa del Quirinale. Onorevole Piero Fassino, il Pd è in mezzo al guado?
«Ma no, il tema vero è lo strappo istituzionale che la destra ha voluto compiere. Solo l'ultimo di una serie. L'Italia, anziché una Repubblica fondata sul lavoro, appare sempre più fondata sul colpo di spugna. Per chi porta i soldi all'estero illegalmente, per i processi del premier,per chi trucca le liste. La destra rende così evidente qual è la sua idea della politica e delle istituzioni: non valgono leggi, norme, procedure, trasparenza egli atti, certezza del diritto. L'unica cosa che conta è la convenienza di chi comanda».

Vi accusano di aver tentato di vincere senza avversari.
«Ma se un partito sbaglia nel presentare le liste, commette delle irregolarità, perché mai la colpa dovrebbe essere degli avversari? Davvero singolare. Ricordo che un anno fa, nelle elezioni trentine, fu cassata la lista dell'Udc, ma non venne fatto alcun decreto. Forse perché quel partito era alleato del centrosinista. E ricordo che Cicchitto, poche settimane fa, a chi chiedeva il voto a Bologna, ha replicato invocando un cavillo formale, dicendo che la legge viene prima di tutto. Vorrei sapere perché le regole valgono per Bologna e non per Roma e Milano».

Eppure, secondo il presidente del Senato Schifani la sostanza deve prevalere sulla forma.

«Distinzione inaccettabile. Scandalosa se proviene dalla seconda carica dello Stato, per altro presidente di un'assemblea legislativa. La sostanza è legittimata dalla forma. Stiamo assistendo a una vicenda che ricorda la fattoria degli animali di Orwell, nella quale l'animale che comanda si sottrae sempre alle regole applicate a tutti gli altri. Vorrei sapere: se tra qualche giorno, in un concorso pubblico, un giovane consegna i documenti due ore oltre il termine, lo accettiamo o lo escludiamo? Il 15 giugno, quando si dovrà versare l'acconto Irpef, percoloro che lo verseranno due settimane o due mesi dopo, ci saranno sanzioni oppure no?»

Sta dicendo che rischiano di saltare tutte le regole?
«Dico che se si stabilisce quel principio, non vi sarà più certezza del diritto, ci si affiderà solo ai rapporti di forza, dunque alle regole che sono proprie di una giungla, non di una società democratica».

Lei ritiene che il presidente della Repubblica abbia fatto tutto quello che avrebbe potuto?
«Il presidente ha fatto quel che doveva. Che si dovesse trovare una soluzione per consentire a Formigoni di correre in Lombardia, nessuno lo mette in discussione. Ma come si vede, il problema è stato già risolto dal Tar senza bisogno di un decreto. Detto questo, il capo dello Stato in questa situazione è vittima, al pari dei cittadini italiani. È noto quali siano le sue prerogative. Può non firmare un atto legislativo in due soli casi: qualora non abbia copertura finanziaria o sia conclamata la incostituzionalità. E in questo caso non è conclamata a priori, anche se il decreto potrà essere impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale. Ma la firma del presidente non riduce la gravità dello strappo voluto dalla destra».
 

Il leader ldv invoca l'impeachment. Voi scendete in piazza con lui. Vi crea imbarazzo?
«Questo parlare di piazza in termini reazionari non mi piace. La piazza è il luogo della democrazia dai tempi di Atene. È lì che si riuniscono i cittadini ed è giusto che lo facciano nel momento in cui si consuma uno strappo istituzionale senza precedenti».

Anche con Di Pietro, dunque.
«In piazza ci ritroveremo con tutti coloro che protestano contro il decreto. E anche con Di Pietro, certo, pur non condividendo per nulla l'evocazione di un impeachment. E poi, lui è il leader di un altro partito, se avesse condiviso tutta la nostra linea sarebbe stato un dirigente del Pd. Ma non è così».
 

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