int. P. Binetti - Venga nell'Udc, potrà esprimere le sue opinioni

Dalla Rassegna stampa

«Ma perché non viene da noi, nell'Unione di centro?» L'ex teodem del Partito democratico Paola Binetti ha in serbo un suggerimento originale per Fabio Granata, deputato del Popolo della libertà appartenente alla minoranza finiana, che con le sue affermazioni sulla questione morale nel suo stesso partito potrebbe essere giudicato dai probiviri. La parlamentare cattolica, che ha lasciato i democratici di Pier Luigi Bersani all'inizio dell'anno per bussare (ben accolta) alle porte della formazione di Pierferdinando Casini, racconta i suoi ultimi mesi nel centrosinistra alla Discussione. E subito scatta il parallelo con la scomoda convivenza di Granata, vicepresidente dell'Antimafia, con gli alti papaveri berlusconiani Denis Verdini e Nicola Cosentino.
Onorevole, ma è serio il suo invito al parlamentare finiano ad entrare in casa centrista? Perché non dovrebbe? Io glielo suggerisco caldamente: Fabio, vieni nell'Udc, potresti trovare una buona collocazione. E portare avanti le tue battaglie.
Il terzo polo con Fini e Casini al vertice sembra non essere molto lontano, infatti. Se si votasse in primavera, potrebbe già essere realtà... Più che sul futuro Terzo polo, in cui - ribadisco - una persona come Granata può trovarsi bene, mi esprimo sul mio partito: l'Udc di certo ha i suoi problemi, vive una fase di ristrutturazione verso un obiettivo più grande. E ci sono molte battaglie da fare. Ad esempio, io condivido la posizione dei finiani sul diritto di cittadinanza, ecco perché non vedo molte distanze tra ciò che è accaduto a me nel Pd e il disagio che Granata prova nel Pdl.
Era inevitabile la sua rottura con il Pd di Bersani? Io sostengo da sempre la libertà di esprimere il proprio pensiero, per questo sono vicina a Granata. Finché ho potuto, nel Pd, ho proclamato le mie opinioni e ho portato avanti le mie battaglie. Quando, però, è stata candidata Emma Bonino alla presidenza della Regione Lazio per il centrosinistra, ho capito che non potevo più restare in quella casa. Non era più una questione di idee diverse, bensì il mio partito aveva scelto di affidare la sua leadership ad una cultura radicalmente differente.
E se non avessero candidato la Bonino? Credo che sarei rimasta. Magari, poi, sarebbe accaduto qualcos'altro. E avrei dovuto comunque prendere un'altra strada.
 

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