Int. a E. Novelli - «L’antipolitica è nata in tv, molti anni fa»

«Vogliamo che l’archivio si arrichisca sempre di più, che le persone mandino i loro video e che il nostro diventi un luogo di aggregazione importante». Edoardo Novelli, docente di comunicazione politica all’università Roma Tre, spiega ad Europa come è nato il sito www.archivispotpolitici.it (accessibile da ieri) che contiene al momento circa 450 spot politici prodotti dal 1974 a oggi, schedati e consultabili per criteri di ricerca, parole e percorsi tematici.
Perché questo archivio?
Lo studio nasce all’interno di un Progetto di ricerca finanziato dal ministero dell’istruzione nel 2008. Il tema generale era la popolarizzazione della politica. Io e Roma Tre ci siamo occupati dello spot politico.
Perché ha scelto lo spot?
Intanto perché è stato uno strumento determinante nella trasformazione della politica: ha realizzato il passaggio dal partito al leader, dalla parola all’immagine, dal ragionamento all’emozione. E poi c’è l’incontro con la pubblicità e i nuovi registri linguistici. E poi perché lo spot stava scomparendo. Tutto questo materiale non era stato archiviato da nessuno. Molti video erano ancora su Vhs, si stavano smagnetizzando. Ritenevo fosse interessante recuperarlo, sistematizzarlo e farne la storia, contestualizzandolo e mettendelo a disposizione degli studiosi. D’ora in poi anche gli studenti che fanno tesi sulla comunicazione politica, sulla storia dei partiti e della pubblicità avranno un punto di riferimento.
Come è cambiato negli anni il modo di fare spot?
L’esplosione degli spot è degli anni 80. Ogni partito ci arriva in maniera diversa. Nel 1983 il Psi usa Craxi. Cioè usa un leader col quale gioca a personalizzare la politica, Anche se allora Craxi era un leader ancora molto poco televisivo.
Il Pci invece?
I comunisti iniziano facendo dei piccoli film. Per loro lo spot è un po’ come fare cinema: e quindi utilizzano attori, registi. Mentre la Democrazia cristiana realizza dei veri e propri spot commerciali. Quella è la grande stagione dello spot politico, gli anni ’80 e inizio anni Novanta compresi.
E poi?
Arriva la par condicio che per certi versi li attenua. Certo la maggior parte degli spot è pur sempre una faccia di un leader che parla. Però non è sempre così. Pensi alla discesa in campo di Berlusconi: era un modo per entrare in contatto con le persone in base alla sensazione, i sentimenti, non alla classica argomentazione.
Internet ha cambiato le regole del gioco?
Assolutamente. A partire dal 2000 si è aperta una nuova stagione. Prima erano i partiti che realizzavano spot da mettere nei loro siti. Anche se con poco budget perché lo ritenevano materiale meno importante. Adesso internet è sempre più centrale e, soprattutto, stanno entrando in gioco le persone.
Cioè?
Ormai alcuni spot politici molto belli e molto importanti non li realizzano più i partiti ma sono realizzati da simpatizzanti, militanti, da gente che fa satira: tipo Sora Cesira, il terzo segreto di satira. Internet sta diventando il luogo privilegiato della comunicazione politica in video ma ne sta cambiando alcune caratteristiche.
Quali?
Sulla rete non si possono fare discorsi lunghi, argomentati. La lingua del web è l’ironia, la parodia, la satira. Oppure l’aggressione. E dunque abbiamo spot che tendono o a far sorridere o ad attaccare in maniera diretta l’avversario.
Lo spot è diventato social?
Non so se è social, ma se ne sta impossessando la rete. E non è una cosa da poco. Basti pensare a quanto è circolato lo spot fatto dai ragazzi del “Terzo segreto di satira” sui candidati alle primarie del centrosinistra.
Nel vostro sito ci sono anche dei percorsi tematici. L’antipolitica per esempio. All’interno della quale c’è di tutto, da Pannella a Grillo a Berlusconi. Quali criteri avete usato per aggregarli?
Quelle sono delle suggestioni, è un modo per l’utente di lasciarsi guidare all’interno dell’archivio da alcuni fili rossi. Che però non sono esaustivi. Quelle categorie cambieranno nel corso del tempo. Però è affascinante vedere che già nel 1983 i repubblicani dicevano basta con questi partiti, con questa classe dirigente. Certo era un’antipolitica diversa.
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