Int. a MARCO PANNELLA - "Ho avuto tre o quattro uomini"

Dalla Rassegna stampa

 

Pubblichiamo ampi stralci di un’intervista rilasciata da Pannella a Clemente Mimun e pubblicata
sul numero di "Chi" in edicola da oggi.

Nella sua vecchia mansarda nel cuore di Roma, dove volteggia quasi incurante delle travi di legno che schiva avventurosamente per pochi millimetri, Marco Pannella vive tra cataste di carte, libri e ricordi di famiglia. Ma, visto che siamo in casa di un mangiapreti, a sorprendere sono soprattutto una fantastica Via Crucis napoletana dell’Ottocento, perfettamente restaurata, una statua antica di legno che raffigura San Nicola e una grande foto di un monsignore Giacinto Pannella, zio di Marco, che si chiama in realtà proprio Giacinto. Nella casa si respira un’atmosfera di festa per l’ottantesimo compleanno del leader radicale. Mentre lui sfoglia un librone rilegato con gli auguri degli amici più cari, do una sbirciatina e noto quelli di Giuliano Ferrara, e ne scippo un passo: «Gli si vuol bene, a Marco, quando evapora in un mondo fatto di continue ellissi, di giravolte inspiegabili in apparenza. Gli si vuol bene quando è narciso, quando è pietoso, quando è vero e quando è falso. Gli si vuol bene a 80 anni e in tutti gli altri compleanni, non certo per quello che fa, ma per quello che unicamente è».

C’è tanto affetto nei suoi confronti, ho visto centinaia di messaggi, da quelli dei presidenti delle Camere a Battiato, da Paolo Mieli ad Albertazzi, fino a Platinette...
«Quel che non ha visto è la simpatia, l’affetto che mi dimostrano ogni giorno per le strade d’Italia a
forza di ciao Marco, dai, non mollare Il fatto è che io sono una persona comune e, dopo 60 anni di partitocrazia, la gente conserva un affetto profondo per chi propone cose ragionevoli».

In queste ore è stato costretto a fare un bilancio della sua vita?
«No, il bilancio lo faranno il tempo e la gente comune. Se proprio devo, le dico che ho vissuto con una qualche dignità e forse anche con fecondità».

Quindi è felice?
«Sì, perché ho passione per la vita. Il professor Vallotti, un endocrinologo che ebbe in cura i miei genitori in Svizzera, dopo avermi tenuto in osservazione, mi disse: "Noi siamo diversi. Al suo posto ringrazierei Dio, lei ringrazi pure i suoi genitori, o il dna che le hanno donato, perché qualunque cosa avesse deciso di fare, lei avrebbe raggiunto i suoi propositi».

Le è mai passato per la testa di ringraziare Dio?
«Di certo ringrazio il caso, i miei genitori e le idee che mi sono state trasmesse. E Dio, anche se fin da quando ero ragazzo mi sono chiesto, se Dio somiglia a noi, che bisogno ce n’è. Ogni eccessiva antropizzazione della sua immagine mi sembra un po’ blasfema».

Parliamo del Pannella bambino. Che rapporto aveva coi genitori?
«Eccellente. Mia madre, Andrée Estachon, era di Lucerna, ma aveva interessi a Grenoble, dove conobbe mio padre. Nel 1923 lei aveva l’auto, la guidava, era iscritta all’università, portava i capelli corti, ballava benissimo. Papà, Leonardo, era finito in Francia per una specializzazione, per non tornare subito a Teramo, dove l’aspettava la direzione di una banca. Quando si sposarono, lei fece scandalo, era troppo avanti in quell’ambiente provinciale. Brigò al punto di portare la Montessori a Teramo e, quando ci trasferimmo a Pescara, si trasferì anche l’asilo. La chiamavano "la franzosa ". Gran donna».

Si dice che la tenesse a stecchetto...
«Sì, ma ci pensavano i contadini a nutrirmi con delle belle fettone di pane casareccio spalmate di salsiccia cruda».

E papà, invece...
«Lui stava sveglio fino alle 2 a leggere e ordinare schede dei libri che possedevamo. Era dolce, cocciuto, ha perfino fatto un duello con un giovane fascista perché se la prendeva con un ubriacone...».

E la politica quando arriva nella sua vita?
«A sei anni facevo scherma e studiavo violino con un professore repubblicano, si chiamava Righetti, che parlava con me di politica neanche fossi un adulto. E io mi appassionai...».

Sono anche i tempi della primissima fidanzatina?
«Come no, si chiamava Adria, avevo 8 anni e ne ero innamorato. Durò poco, lei fuggì con la sua famiglia, era ebrea».

Facciamo un salto nel passato: a 17 anni, incontrò Benedetto Croce...
«Facevo parte della Gioventù liberale e riuscii a vederlo perché Croce era stato pubblicato da mio zio
monsignore, che aveva una rivista. Se ne ricordò e mi dedicò due ore indimenticabili. Mi dimostrò che eravamo parenti. Ancora oggi mi sento con la figlia».

Il primo bacio?
«Alle medie baciavo un po’ tutte, ero grande e grosso. Ma il mio amore si chiamava Didi e con lei facevo il ballo della mattonella».

Mai pensato al matrimonio?
«Bianca, una ragazza che conobbi a Pavia, aveva occhi splendidi e dolcissimi. Una volta andammo a mangiare nei pressi di un ruscello vicino alla Certosa... Arrivammo addirittura alle pubblicazioni, ma era troppo innamorata, non poteva andare...».

E ad avere un figlio?
«Con Mirella, la mia compagna di sempre, ci abbiamo riflettuto tanto. Ci dicevamo: "Quando saremo pronti per essere in tre, perché anche l’altro possa essere felice, lo faremo". Ma io non ne ho mai avuto voglia, anche se ho un forte dubbio su una ragazza che conobbi tanti anni fa: si chiamava Gabriella, era napoletana. Chissà che non ci sia un cinquantenne in giro che mi somiglia fin troppo...».

Oggi in molti fanno outing, lei ha parlato della sua bisessualità decenni or sono. Come ha conciliato l’amore per alcuni ragazzi con quello per Mirella?
«Noi abbiamo convissuto per quasi 30 anni, poi abbiamo attuato una separazione che è solo logistica, forse perché stiamo troppo bene insieme. Ho avuto tre o quattro uomini che ho amato, ma non c’è mai stata alcuna gelosia con lei. Avevamo anche altre storie, ne parlavamo prima e durante, senza che nulla ci abbia mai diviso».

Deve chiedere scusa a qualcuno?
«Probabilmente a tanta gente, ma il mio vero rammarico è non avere capito quanto fossi importante per Pasolini, quanto ci e mi amasse. Lui descrisse il modo in cui cercò la morte, così come poi avvenne, e quando il Gr2 mi informò del fatto, non mi sorpresi».

Che obiettivo politico ha a 80 anni suonati?
«Io penso sia realmente possibile una alternativa liberale, come accade ogni due o tre secoli nella storia. Sarò cocciuto, ma non riesco a rinunciarci. Ora basta, ho fame, vi preparo due cosine...».

E qui, Pannella si trasforma in cuoco e in quattro e quattr’otto mette in tavola: un bel piatto di fave e pecorino, gnocchi e ravioloni con burro e gorgonzola, polpettine, pomodori col riso, birre olandesi e francesi.
«Quando digiuno, digiuno, ma quando mangio, faccio sul serio», spiega ridendo.

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