Int. a M. Pannella: «Mio caro nemico rimpiangerò le tue battute al veleno»

«Ho chiesto a monsignor Paglia che stava recandosi a somministrargli l'estrema unzione di dirgli da parte mia di non fare scherzi da prete. Francesco sapeva che io avevo pronte le arance da portargli... Non avrei voluto che mi togliesse questa soddisfazione che ho pregustato e gli ho preannunciato in ogni sede per trent'anni...». Parole di Marco Pannella, storico del Partito radicale, fiero "nemico" politico di Cossiga.
Pannella, le arance si portano ai carcerati... «Appunto. Gli volevo mandare un saluto e un abbraccio».
Molto nobile, eppure per trent'anni siete stati acerrimi avversari politici «Indubbiamente. Si può essere amici rimanendo effettivi avversari politici. Glielo ripetevo spesso: "Francesco, hai gli armadi pieni di cadaveri". A uno che ha gli armadi pieni di cadaveri prima o poi bisogna portare le arance in carcere».
I vostri rapporti? «Cossiga diceva che ascoltava sempre Radio radicale, era la sua radio Londra».
Era rimasto un uomo del regime democristiano da lei esecrato «Come Berlusconi e i suoi avversari».
Parla della prima o della seconda repubblica? «La seconda repubblica non esiste. È esistito per sessant'anni un regime partitocratico antifascista che grazie alle metamorfosi del male di Hannah Arendt, in una visione vichiana, ha fatto sì che venisse riproposto il ventennio fascista attraverso un monopartitismo imperfetto»
Cossiga nella prima repubblica e stato il ministro degli interni durante il caso Moro e il presidente della Repubblica "picconatore". Nella cosiddetta seconda repubblica da quale parte si e schierato? «Cossiga non di rado anche in questo ultimo ventennio si è reso protagonista di interventi gravi, acuti e pericolosi».
Era pro o contro Berlusconi? «Trovo che ciò non era rilevante. Il suo ruolo è stato molteplice: democristiano storico, poi con Mastella nell'Udeur... Si divertiva ma nessuno poteva prescindere dal riflettere sulle sue battute, sulle sue uscite laceranti».
La continuazione delle picconate vibrate dal Colle? «Aveva assunto un ruolo peculiare, in virtù dell'età e del fatto che durante la sua lunga militanza politica aveva coperto tutti, ma proprio tutti i cretini di regime: capi di gabinetto, sottosegretari, ministri, presidente del Senato.... Diceva un mucchio di bugie. Da questo punto di vista in qualunque circostanza è stato un machiavellico».
Gli si addebita persino la morte di Moro. «Lo aveva proclamato! "Io sono stato responsabile, io ho fatto assassinare Moro". Lo rivendicava».
Come può essergli stato amico? «In uno dei suoi libri, Francesco scrisse che avevamo dentro di noi, tutti e due, un omino bianco e un omino nero. "Io seguo quasi sempre l'omino nero - commentò - mentre Marco quasi sempre l'omino bianco ed è la critica che gli faccio"».
I suoi misteri scendono nella tomba con lui? «Io chiesi formalmente che fosse incriminato per tradimento della Costituzione in qualità di presidente della Repubblica. I comunisti non permisero neppure l'apertura del dibattito in Parlamento».
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