Int. a M. Mecacci - “C'è una vita da salvare L'ingerenza è un dovere”

«La lotta contro la pena di morte passa sempre dall'Onu. Bisogna rafforzare la risoluzione del 2007 sulle moratoria. Concentrarsi sui casi singoli va bene, ma è bene portare la sfida ad un livello istituzionale e politico». Matteo Mecacci, deputato radicale e membro del direttivo di Nessuno tocchi Caino, è scettico sulle grandi mobilitazioni. Mancano il bersaglio, distolgono l'attenzione dal vero obiettivo.
Per Sakineh si sono mossi sportivi, società civile, istituzioni. Perché?
«Per una combinazione di fattori. È iraniana e Teheran è sotto il radar della comunità internazionale da tempo. Poi c'è la modalità della lapidazione, un qualcosa che rimanda agli istinti primordiali. Questo ha scatenato una sorta di repulsione, di ribellione delle gente. E poi il fatto che era stata condannata a questa orrenda fine per adulterio».
Non c'è il rischio che prendendo così di petto, con forti dosi dì emotività, il caso Sakineh possa avere dei contraccolpi e innescare reazioni opposte a Teheran?
«Ahmadinejad fa dichiarazioni forti. Questa è la sua strategia politica. E la reazione alla sovraesposizione iraniana è, da parte dell'Occidente, uguale e contraria. In questo conflitto è alto il rischio che si perda l'obiettivo. A metà degli anni '90 si scendeva in piazza contro i singoli casi di messa a morte negli Usa. Lo si faceva per ragioni ideologiche. Era un modo di contestare il sistema Usa. Era un approccio che non condividevo proprio perché si dimenticava delle altri parti del mondo».
Gli iraniani hanno accusato Italia e Francia di ingerenza...
«La lapidazione non è un sofismo. E su queste questioni l'ingerenza ci deve essere. Ma in tutti gli Stati. Non solo in Iran».
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