Int. a H. Timmero: "I disoccupati cresceranno in tutta Europa"

In Europa manca una politica fiscale federale e questo ha inciso sulla crisi della Grecia».
Per Hans Timmer, direttore del Development Prospects Group della Banca mondiale, non è solo il debito pubblico ad aver portato il Paese sull’orlo del baratro, ma anche la mancanza di trasparenza e di un controllo sovranazionale.
A che punto è la ripresa?
«Negli ultimi due mesi ci sono stati segnali che mostrano un rafforzamento della ripresa globale, e ciò vuol dire che le probabilità di ricaduta si sono notevolmente ridotte. Tuttavia non è ancora abbastanza forte e siamo destinati a vedere in alcuni Paesi, specie avanzati, disoccupazione elevata».
Qual è ad oggi il principale rischio?
«Il pesante deficit delle partite correnti e le potenziali ricadute sui mercati finanziari, ad esempio per alcune realtà emergenti dell’Europa. Ma il problema riguarda anche i Paesi avanzati e gli stessi Stati Uniti, seppur su piani diversi. Dall’altra parte abbiamo Paesi con un eccessivo surplus che devono agire sulla domanda interna e ridurre la leva dell’export».
Si riferisce, nel primo caso, alla Grecia?
«La Grecia è vittima del suo debito fuori controllo, ma è anche la dimostrazione dei fallimenti che comporta la mancanza di trasparenza. E’ un aspetto da tenere presente quando si parla di riforme e nuove regole della finanza».
Come giudica la richiesta di aiuto di Atene?
«In casi come questo è importantissimo il ruolo dei governi e delle istituzioni internazionali. Quello ellenico è un problema che il mercato non può risolvere da solo, è molto più di un contrazione di liquidità, le forze sono fuori controllo e le implicazioni enormi. La soluzione non è nel breve termine, ma passa attraverso aggiustamenti strutturali. In questo senso non è ben accetta la cooperazione tra Ue e Fini. Dal punto di vista della Banca mondiale è una dimostrazione che esistono limiti ai piani di stimolo adottati dai Paesi avanzati».
Cosa intende?
«Gli stimoli hanno avuto un enorme successo nella prima fase della crisi, ma se la tua casa è in fiamme i pompieri possono spegnere il fuoco non te la ricostruiscono. Per rilanciare l’economia non ci si può appoggiare esclusivamente sugli stimoli fiscali, non si possono sostenere a lungo i consumi nei Paesi avanzati. Bisogna puntare invece su exit strategy che si basino sugli investimenti privati e sul- la produttività, ossia passare a un’ottica di medio termine».
Condivide la proposta di un Fondo monetario europeo?
«Anche muovendosi in quella direzione sarebbe necessaria la cooperazione con l’Fmi».
Allora cosa manca?
«Il problema è non avere politiche federali, anche in materia fiscale. In Europa sono caduti tutti i confini tranne quelli politici, e per questo le dinamiche sottostanti sono frammentate, oltre a non esistere un controllo superiore».
Ci sono rischi di contagio?
«Non direttamente sui debiti, bensì attraverso le ricadute sui mercati finanziari, come ha dimostrato la stessa crisi».
É giusto quindi puntare su riforme coordinate?
«I primi aspetti su cui agire sono trasparenza e comunicazione, come dimostra la Grecia. Non è essenziale procedere subito con un piano comune anche perché le esigenze dei diversi Paesi sono diverse. Detto questo è incoraggiante vedere che i G-20 abbiano iniziato a lavorare assieme per valutare i singoli piani».
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