Int. a Gad Lerner - "Senza politica in tv ci perdono tutti, anche i cittadini"

Dalla Rassegna stampa

Nel giorno in cui Mentana debutta sul web con una tribuna politica e Santoro annuncia una puntata on-line di Annozero, Gad Lerner resta aggrappato con i denti al piccolo schermo e annuncia: «Io continuerò a parlare di politica in tv, a prescindere da quello che deciderà il Tar». Anche sul fronte catodico, infatti - come già era accaduto per le liste contestate - il futuro è un'ipotesi che aspetta di essere scritto da una sentenza dei giudici. Il tribunale deciderà
oggi se anche le tv private, da La Sette a Sky, dovranno uniformarsi alla legge sulla par condicio. «Ma in caso di bocciatura del nostro ricorso - spiega il conduttore dell'Infedele - io andrò in onda già lunedì ospitando personaggi non politici, come Rossana Rossana e Pietrangelo Buttafuoco, che parleranno di politica e forse lo faranno anche meglio». È questo il modo scelto da Lerner per ribellarsi alla cancellazione dei talk show imposta dal Cda Rai sulla base di una discutibile interpretazione della delibera della Vigilanza: una decisione che rischia di "scaricare" i suoi effetti anche sulle tv private, omologandole all'azienda di Stato, a meno che il Tar non ribalti la decisione dell`'gcom.

Come le sembra questa campagna elettorale col silenziatore, senza talk show e tribune politiche?
Somiglia molto più a una prova di forza che a un confronto democratico. Devo dire che io, da giornalista non asettico, non ho mai amato il periodo elettorale. Ho sempre detestato i duelli condizionati dalla scadenza delle urne, perché i politici sono costretti a una dialettica non sincera, molto spesso recitata, esasperata. Ma mai avrei immaginato...

Un black out?
No, una stagione di censura come quella che stiamo vivendo. Da due settimane in tv è proibito parlare di elezioni: quella norma della Vigilanza è illiberale, un boomerang per i cittadini, anche quelli più distratti o che ci guardavano con fastidio.

Crede che gli italiani sentano la mancanza dei vostri talk show?
Lungi da me decantarne le qualità, anzi: credo che i talk show politici siano un po' come i reality, che tutti guardano solo per poterne parlare male, in cui i politici, sempre gli stessi, cercano di parlare di tutto, anche di cose che non conoscono, con il risultato che il telespettatore si diverte a vederli in difficoltà o fare brutte figure. Se ne può dire tutto il male possibile, purché, però, sia anche possibile vederli.

In realtà nella delibera della Vigilanza non era prevista la cancellazione dei talk show, ma si imponeva solo il rispetto della par condicio. Non avrete mica peccato di superbia voi conduttori, rifiutandovi di rispettarla?

No, io vedo nell'iniziativa del radicale Beltrandi, sostenuta opportunisticamente dal centrodestra, un atto di prepotenza sull'informazione: non si capisce in base a quale principio liberale, di cui i radicali si fanno paladini, i politici debbano decidere come vada fatta l'informazione.

E chi deve decidere?
Il mercato, gli ascolti, l'interesse dei pubblico. A meno che non si decida che la Rai è proprietà privata dei politici. Quale in effetti è.

Che interesse avrebbe avuto il centrodestra a far applicare una legge, quella sulla par condicio, voluta dal centrosinistra?
Loro sono da sempre nemici di quella norma e si sono serviti dei Radicali per dimostrare che non funziona.

Ma a lei cosa costerebbe applicare la par condicio?
Farebbe schifo una roba del genere, lo scriva, schifo. Mi rifiuterei di fare una trasmissione in cui devo fare il cronometrista, in cui non scelgo io gli interlocutori, gli ospiti, in base ad alchimie lottizzatorie: io decido solo sulla base del fatto che siano o meno capaci di spiazzarmi, di incuriosirmi, magari anche di fare cambiare idea a me che sono di sinistra, come spesso hanno fatto i miei ospiti di destra. 

Lei lavora in una tv privata: ma su quali basi, in particolare il conduttore del servizio pubblico, dovrebbe decidere da solo chi ospitare e chi far parlare sotto elezioni?
Io parlo per me e ammetto: il mio è un arbitrio, io esercito un potere, decido con chi e di cosa parlare. Ma laverifica non la devono fare i politici, la fa il mercato. Se funziono, bene, altrimenti, in caso di flop, mi cacciano: sarò libero di non invitare Beltrandi?

Ancora lui: ma che ha contro Beltrandi?
Cambio esempio: secondo me se invito Pannella in trasmissione, mi viene noiosa. E non perché io non abbia stima di lui, anzi: solo che è inadatto alla tv, è il politico più antitelevisivo che esista. Mica siamo tutti uguali, la vita è complicata...

Ma davvero crede che al centrodestra convenga che in tv non si parli di politica?
Diciamo che la maggioranza ha approfittato dei Radicali per dare più spazio ai telegiornali più vicini, dal Tg 1 al Tg5.

Non crede che i documentari sul fascismo mandati in onda al posto di "Ballarò" su Raitre, quasi come messaggi subliminari su una strisciante dittatura, aiutino più il Pd che Pdl?
Bè, in effetti fanno l'8%, non male, quanto l'Infedele...

Meno si parla, più vince Berlusconi il "comunicatore": non le sembra strano?
No, e qui forse mi contraddico: la percezione del bavaglio nel Paese è forte, sospetto un effetto boomerang sul centrodestra.

In Rai, anche a destra, siamo tutti in attesa delle tribune politiche: lei le condurrebbe o la considererebbe una "diminutio"?
Sarei snob o idiota a non voler moderare un dibattito in prima serata tra Polverini e Bonino, per esempio. Ma con gli altri? Come si fa? I piccoli?

Non crede che i talk show paghino il prezzo di un'eccessiva faziosità di Santoro?
L'effetto-Santoro nasce dall'esistenza di una riserva indiana di sinistra, in una Rai che anche in questa legislatura, ovviamente, s'è spostata su chi governa. Ma non mi va di fare come Vespa che ha indicato in Michele il "cattivo" che ha fatto punire tutti gli altri.

Ma in definitiva la tv sposta voti?
No, la gente vota per vicinanza culturale, ma per queste regionali sarebbe importante fare conoscere personaggi interessanti e per certi aspetti nuovi, come Cota, De Luca, Polverini. Forse non sarà possibile e resta la domanda: ma di chi è la colpa?

 

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