Int. a G. Torsello - "L'ospedale dà fastidio? E' un'accusa ridicola"

Dalla Rassegna stampa

Il primo pensiero di Gabriele Torsello va ai tre operatori italiani liberati: «E’ una gioia saperli salvi». Il secondo però, il fotografo salentino rapito in Afghanistan nel 2006 lo dedica alla situazione che ha portato al loro arresto. Ed è assai meno peace&love: «C’è qualcosa di poco chiaro intorno all’ospedale di Emergency a Lashkar-gah. Questo non significa che ciò di cui era stato accusato avesse fondamento, ma perchè mai le autorità di Kabul, che come tutti da sempre riconoscono l’importanza dell’attività medica di Emergency, dovrebbero voler far chiudere la struttura? Toccherebbe a Gino Strada spiegarcelo».

Intende dire che in questa storia i buoni e i cattivi non sono chiaramente riconoscibili come nella narrativa di Emergency?
«Di certo qualcuno ha portato le armi dentro l’ospedale e anche se si trattasse della stessa persona che le ha trovate ci devono essere delle ragioni. Nessuno discute il lavoro di Emergency, ma questa è la terza volta che sorgono problemi tra Lashkar-gah e il governo. Era successo nel 2007 all’epoca dell’arresto di Hanefi (il mediatore dei sequestri Torsello e Mastrogiacomo) e le indagini furono bloccate. Poi ancora all’ indomani della mia liberazione, quando Strada parlò del riscatto pagato. La cosa non fu apprezzata a Kabul senza contare l’irresponsabilità di dichiarazioni del genere che pubblicizzano il prezzo dell’ostaggio».

Strada sostiene che ci sia la volontà politica di mettere i bastoni tra le ruote a Emergency. Cosa ne pensa?
«Questa storia che l’ospedale di Lashkar-gah dia fastidio è ridicola. Bisogna ricordare che la missione di Emergency in Afghanistan è curare i feriti e non informare il mondo su cosa accade nel paese. Va benissimo criticare la guerra e i suoi effetti ma non nel contesto in cui opera Emergency. Per quanto sia difficile essere obiettivo al cento per cento, un giornalista deve prendere un po’ di distanza dal soggetto di cui scrive. Il lavoro dei chirurghi di Strada è lodevole ma proprio perchè trattano con esseri umani trucidati da pallottole o da mine e sono emotivamente coinvolti non possono fare i giornalisti. Invece lo fanno».

Pensa sia questo che il governo di Kabul non digerisce?

«Non lo so. Ora l’importante è che i tre operatori, di cui conosco solo Matteo, tornino a casa. Verrà il tempo di approfondire. Ma Strada non può sostenere che, ci siano manovre contro l’ospedale, di cui nessuno, neppure tra gli afghani, nega i meriti. Eliminare un ospedale in guerra non è così difficile, magari con un bombardamento tipo fuoco amico, l’abbiamo visto l’anno scorso a Gaza quando fu colpito il compound delle Nazioni Unite».

A distanza di 3 anni e mezzo si è fatto un’idea del suo rapimento?
«Preferisco non farmi idee, ci sono ancora troppi aspetti non chiari. Forse mi hanno rapito perchè mi avevano preso per qualcun altro. Non sono mai più tornato in Afghanistan da allora, per come sono andate le cose non mi sembrerebbe giusto».

Cosa succederà quando e se le truppe occidentali si ritireranno?
«Appena sento i cosiddetti pacifisti mi viene da ridere. Come si fa a pensare che basti il ritiro dei soldati occidentali per portare la pace in Afghanistan? E’ ingenuo. Una parte del mondo non è sicura, ci sono diverse forme di violenza terroristica. In Afghanistan si sta facendo un lavoro, non sarà perfetto, ma il sostegno occidentale è indispensabile seppure, giustamente, di tanto in tanto debba essere rinegoziato. Parlare di pace è facile ma allora cominci Gino Strada chiarendo la situazione e tendendo la mano alla parte del governo afghano che lo accusa anzichè contrattaccare sostenendosi con chi è d’accordo con lui».

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