Int. a G. Strada - Strada: restano troppe ombre

Dalla Rassegna stampa

 

Ringrazia l’Onu «soprattutto»; e poi il governo italiano e persino quello afghano, gli attori in ordine di apparizione e peso secondo il leader di Emergency in questa vicenda. Nonchè «tutti gli italiani che ci sono stati vicini e non hanno creduto nemmeno per un secondo alle infamie contro di noi, così come i giornalisti che hanno respinto le bufale». Perchè questa in fondo è la partita che andava vinta: quella mediatica. Gino Strada fuma e parla, sorride poco ma si commuove per un istante quando pensa che finalmente Marco Garatti, Matteo Dell’Aria e Matteo Pagani, sono liberi. «Ci hanno telefonato alle tre e mezzo del pomeriggio, mentre li stavano portando all’ambasciata italiana». Strada spegne la sigaretta. Ne infila tra le dita un’altra: «Poi bisognerà vedere...». Cosa? «Chi c’è dietro questa storia di calunnie e aggressioni».

Secondo lei?
«Non lo so. Ma certo le stranezze non mancano. Ad esempio il fatto che il volo di ritorno da Laskhar Gah di Marco Garatti, che è il nostro coordinatore per l’Afghanistan e da Kabul si era recato nel nostro ospedale per pochi giorni, sia stato cancellato il giorno prima del suo arresto, cioè il 9 aprile».

E chi lo avrebbe cancellato?

«A noi è stato detto che era stata una richiesta della Coalizione e non c’erano nubi di vulcani islandesi quel giorno».

Una dinamica singolare.
«Il giorno dell’arresto, ovvero il 10 aprile, Marco, che era rimasto nell’ospedale circa una settimana, è andato all’aeroporto e gli hanno detto che il suo volo era cancellato. Così è tornato alla base. Lì, poco dopo, li hanno fatti evacuare dicendo che c’era un allarme bomba. E quando li hanno fatti rientrare hanno trovato i militari e le armi che dicevano di aver scoperto».

Che significa secondo lei?
«Che se questa circostanza del volo cancellato verrà confermata, qualcuno dovrà dare delle risposte».

Le ipotesi si mormorano a mezza voce nella sede di Emergency ad un passo da via Padova: si va dal ruolo degli americani a quello degli inglesi. Nella "coalizione" c’è fin troppa gente che non sopporta il lavoro di Strada e dei suoi, testimoni spesso scomodi della realtà brutale della guerra. «Penso che questa sia stata un’aggressione brutale e violenta e ora con Marco e i due Matteo dovremo valutare cosa è successo. I punti oscuri non mancano. Prima di riprendere la nostra attività dovremo capire bene chi c’è dietro questa macchinazione, chi sapeva e chi non sapeva».

Anche in Italia?
«Anche in Italia».

Certo, questa è una storia che ha ben poco di lineare:
 «Non c’è dubbio. Basti pensare che questa ignobile montatura è stata smontata nel giro di 8 giorni e i nostri operatori adesso sono liberi e senza nessuna accusa».

Nessuna?
«Nessuna. Mai nemmeno un reato è stato contestato formalmente e ora ci arriva la notizia che gli stessi servizi di sicurezza afghani li hanno liberati, compresi i 6 operatori locali, scagionandoli completamente e con tante scuse».

Eppure in Italia, all’inizio di questa vicenda, qualcuno è sembrato vacillare.
«Bisognerebbe chiedere a chi in Italia ha formulato ipotesi di accuse o adombrato sospetti che non stavano nè in cielo nè in terra perchè lo ha fatto».

Il governo e il ministro Frattini hanno rivendicato il successo di questa liberazione. Che ne pensa?
«La vittoria ha sempre molti padri, la sconfitta è orfana. Noi ci siamo mossi con il segretario dell’Onu che da subito ha considerato le accuse ciarpame. Il governo si è mosso come meglio ha creduto. Comunque, grazie. Ne approfitterò per mandare una maglietta di Emergency a Frattini».

Che ne pensa del fatto che la nostra intelligence non abbia saputo prevenire una cosa del genere?
«Non lo so. Per dirla con le parole del ministro, prego il cielo che non ne sapessero niente. E non ho motivo di pensare diversamente».

Vi accusano di fare politica.
 «Perchè non mettiamo rossetto e belletto alla guerra e facciamo vedere le sue immagini. E’ questa la nostra colpa. Ma ne siamo orgogliosi. E il fatto che in una valle come quella del Panshir, dove non esistono elettricità e internet, poste o giornali, oltre 10 mila persone si siano messe in viaggio a piedi per arrivare nel nostro ospedale e firmare una petizione di solidarietà è una di quelle cose straordinarie che dicono più di mille parole».

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