Int. a G. Rossodivita - "Con i fondi ai gruppi regionali abbiamo fatto il congresso"

La prima denuncia sui fondi ai gruppi in Consiglio è partita dai Radicali. Cosa sapevate di quei soldi?
Prima di entrare in Consiglio, nulla. Immaginavamo solo ci fosse un contributo che ricalcava quello erogato in Parlamento ai singoli gruppi. Una volta insediati, ci hanno chiesto di aprire un conto corrente intestato al gruppo e abbiamo ricevuto i primi versamenti.
Non facendo parte dell'ufficio di presidenza non conoscevamo l'entità complessiva del finanziamento che ci spettava. Le somme venivano accreditate una tantum, con scadenze non regolari: solo al momento di fare il nostro bilancio abbiamo capito quanti soldi erano. Nel 2011 poi ci siamo resi conto che aumentavano fino a salire vertiginosamente.
Sarebbe stato sciocco urlare, dopo un singolo versamento, "oggi ci hanno dato 50 mila euro", volevamo aspettare di capire il totale.
Abbiamo finanziato una parte delle spese di quel Congresso perché una sessione era dedicata alla tutela dei diritti umani negli enti locali, con la presenza di consiglieri di autonomie locali provenienti da molti Paesi.
Le norme non pongono un limite di utilizzo nel territorio laziale dei fondi ai gruppi. Molti consiglieri ne fanno un'interpretazione di questo tipo scatenando appetiti clientelari. Noi abbiamo sostenuto un'attività inerente alla politica del gruppo, dandogli seguito con la costituzione di un'intergruppo consiliare sui diritti umani.
Perché qui non c'è trasparenza. Quando si riunisce l'ufficio di presidenza e delibera, ai consiglieri che non ne fanno parte arriva solo una mail con i titoli delle decisioni. Abbiamo chiesto il testo di varie determine, non lo abbiamo mai ottenuto.
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