Int. a D. Franceschini - Franceschini: «Casini? Mai più col Pdl Nel prossimo governo starà con noi»

Dalla Rassegna stampa

Aveva sostenuto il referendum dal primo momento e sollecitato il partito a sostenerlo, ma oggi il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini è tra quanti criticano la levata di scudi di Arturo Parisi. «Penso che se in un momento del genere, in cui siamo vicini al crollo del berlusconismo, ci infiliamo in discussioni e scontri interni, la gente non ci capirebbe. Non possiamo regalare ora le nostre divisioni a una destra che sta esplodendo».

Le divisioni però non sono solo sul referendum. La Direzione è stata "animata" anche su Europa, economia...
No, guardi, I toni accesi sono stati solo sulle parole di Parisi. Il resto è una normale discussione. Siamo un partito che discute, non ci sono divisioni. Siamo talmente disabituati a un partito che ha discussioni sui contenuti...

Su come cambiare la legge elettorale ci sono diverse opinioni.
C'è una proposta in Parlamento votata dal Pd. Poi è emerso che il referendum avrebbe avuto il beneficio di spinge- re al cambiamento in Parlamento, dove la maggioranza non ha intenzione di cambiare il "Porcellum".

E allora perché non sostenere il referendum, come chiedeva Parisi?
Il sostegno del Pd al referendum è dimostrato dalle centinaia di migliaia di militanti che hanno firmato, me compreso.

Ma rispetto alla vostra proposta, quella del referendum è diversa...
Non è la soluzione migliore, ma è cento volte meglio del "Porcellum".

Nel dibattito interno ci sono anche diverse linee sulle alleanze.
Mi dispiace deludere chi parla di divisioni. La linea del partito ribadita da Bersani e votata dalla Direzione è quella di un governo di transizione guidato da una personalità di grande credibilità internazionale, che affronti la crisi e cambi la legge elettorale.
 

Se si andasse a votare, Di Pietro e Vendola sarebbero i vostri alleati?
Non solo loro. Nell'immediato servirebbe un governo di transizione che completi la legislatura che superi Berlusconi, e continuo a pensare che la proposta del Pd di un'alleanza tra le forze che oggi sono all'opposizione è necessaria, perché ci sarà da fare un lavoro ciclopico per ricostruire il Paese e non può farlo una maggioranza risicata.

Ma se Berlusconi esce di scena, non è più naturale che Casini vada con Alfano?
Casini c'è già stato con loro. E se anche Berlusconi si fa da parte, non è che con la bacchetta magica il centrodestra italiano diventa come la Cdu tedesca o i conservatori inglesi. Parlo di berlusconismo, non solo di Berlusconi. Parlo di un gruppo di potere che resterebbe. Casini lo sa. Significherebbe tornare da dove è partito. So perfettamente che non lo prende in considerazione

Ne è proprio certo?
Ne sono certo.

E i veltroniani che insistono sulle primarie? Normale discussione?
Mi attengo a quello che si dice negli organi di partito, e in Direzione nessuno ha posto questo problema. C'è la consapevolezza che aprire oggi la questione della leadership sarebbe autolesionismo puro. AncheVeltroni ha fatto un intervento in assoluta sintonia sul governo di transizione.

Si è risolta in Direzione la vicenda con i radicali?
Se ne è parlato marginalmente. Personalmente ho ritenuto assolutamente grave l'astensione sul voto contro Romano. Se fosse stato un solo deputato si poteva prendere un provvedimento disciplinare, ma siccome quella è una delegazione riconosciuta in base ad un accordo politico dentro il gruppo del Pd, il problema è tra i due partiti. La mia opinione è che la stagione si è chiusa.

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