Int. a C. Scajola - "Non prendiamo ordini da Bossi"

Dalla Rassegna stampa

 

Alleati sì, ma senza potere di veto. Mentre la maggioranza è al lavoro per trovare la "quadra" sulle riforme, Claudio Scajola mette un punto alle richieste della Lega. «Il Popolo della Libertà resta il maggior partito della coalizione», avverte il ministro dello Sviluppo economico, uno dei custodi dell’ortodossia berlusconiana. Niente diktat, dunque. Né sulle riforme, né sulle future candidature alle Comunali del prossimo anno.

Iniziamo dalla giustizia, la cui riforma e annunciata da oltre un decennio. Stavolta manterrete le promesse? E ci sarà la separazione delle carriere tra giudici e pm?
«Quella della giustizia è una delle riforme fondamentali per modernizzare il Paese. E la separazione delle camere è uno strumento per garantire la terzietà e l’indipendenza del giudice, che non deve essere influenzato né dall’accusa, né dalla difesa. Non accade in nessuna democrazia dell’Occidente che chi accusa e chi giudica siano colleghi e possano scambiarsi facilmente di ruolo».

Sul presidenzialismo, invece, pare che abbiate intenzione di ammainare la bandiera del modello anglosassone a favore del semipresidenzialismo alla francese voluto da leghisti e finiani.
«Non mi risulta che abbiamo ammainato nulla. Il presidente Berlusconi ha introdotto negli ultimi giorni di campagna elettorale il tema del presidenzialismo, ma senza indicare un modello preferito. Ha anche detto che l’intenzione è quella di consultare i nostri elettori per scegliere il modello più adatto al nostro Paese. Il principio di fondo è che bisogna rendere più efficienti le istituzioni per modernizzare il Paese».

Crede che la "bozza Violante" possa essere considerata ancora un buon punto di partenza, come sostengono l’opposizione e parte della maggioranza?
«La bozza può essere un punto di partenza, non certo di arrivo. Su alcune riforme, come la riduzione dei parlamentari e la trasformazione del Senato in Camera federale, siamo tutti d’accordo. Ma poi occorre andare avanti, introducendo il presidenzialismo e la riforma della giustizia».

Quale dovrà essere il ruolo dell’opposizione nel percorso per le riforme? Lo ritiene anche lei essenziale?
«Il dialogo con l’opposizione è importante, perché è bene che le regole del gioco siano condivise tra tutti i giocatori. L’opposizione, però, non può avere un diritto di veto: la necessità di fare le riforme viene prima del dovere di cercare un punto di equilibrio con la minoranza. Dobbiamo provarci, ma se dovessimo verificare che un’intesa è impossibile, abbiamo il dovere di procedere anche da soli».

Dalle riforme al rimpasto di governo, le richieste della Lega si moltiplicano. Il Carroccio ha conquistato un potere di veto sulle scelte dell’esecutivo?
«In un’alleanza ognuno ha il diritto di partecipare alle scelte, ma senza veti. Il problema del ministero delle Politiche agricole lo risolveranno Berlusconi e Bossi, come accaduto finora con gli altri problemi che si sono presentati».

Fatto sta che il pressing leghista si è esteso alle future candidature per le Comunali del 2011. Come risponderete?
«Con una ripresa di iniziativa politica e organizzativa. È normale che la Lega, forte del buon risultato elettorale, avanzi candidature. Ma bisogna ricordare che il PdL resta di gran lunga il maggior partito della coalizione. Anche alle Regionali, nonostante l’astensione, abbiamo preso oltre 7 milioni di voti, mentre la Lega è a 2,7 milioni, poco più di un terzo. Anche gli amici leghisti hanno perso qualche voto rispetto alle Europee, ma hanno dimostrato una maggiore capacità di portare i propri elettori alle ume».

Quali sono le ricette per rispondere alla concorrenza del Carroccio?
«Dobbiamo conoscere meglio i nostri elettori, tenerceli legati, consultarli periodicamente, farli partecipare alla vita del Pdl. Sono certo che se faremo così i nostri elettori saranno più motivati anche ad andare a votare alle elezioni amministrative e non solo alle Politiche».

Davvero è possibile un leghista a Palazzo Chigi nel 2013?
«Palazzo Chigi è molto ben occupato da Silvio Berlusconi e continuerà ad esserlo per molti anni ancora. Penso che abbiamo bisogno, invece, di indicare al Paese un percorso di obiettivi e di riforme da raggiungere, tenendo fede alle promesse elettorali. Da tutti i sondaggi emerge che i cittadini italiani so no interessati soprattutto al lavoro e alla riduzione delle tasse. Adesso dobbiamo mettere il turbo alla modernizzazione dell’Italia, all’efficienza dello Stato e alla riduzione della spesa pubblica improduttiva, condizione per ridurre le tasse».

E’ vero che Luca Romagnoli e la Fiamma tricolore sono vicini all’ingresso nel PdL? Sarebbe un ingresso compatibile per un partito che si rifà al Ppe?
«Il PdL si basa su valori precisi, che sono quelli della tradizione cristiana e liberale, comuni alla grande famiglia dei popolari europei. Chiunque aspiri a partecipare al PdL deve dar prova di riconoscersi con convinzione in questi valori non negoziabili».

A un anno dalla sua fondazione, per il PdL è giunta l’ora del "tagliando"?
«Il partito ha già affrontato diverse prove elettorali dalle quali è uscito sempre vincitore. Dunque il suo primo anno è stato positivo. Ciò non toglie che si debba migliorare soprattutto l’organizzazione, superando al più presto la logica delle quote fisse in base ai partiti di provenienza nella distribuzione degli
incarichi, per far prevalere i più capaci e i più vicini agli elettori. Come abbiamo fatto in Forza Italia, dobbiamo ora costruire l’identità del PdL, dimenticandoci i partiti di provenienza».

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