Int. a E. Bonino: una storia diversa

Dalla Rassegna stampa

La candidata alla presidenza della Regione Lazio si racconta dalla A alla Z attraverso battaglie e conquiste, politiche e umane, sempre in prima linea. Dalla A di Afghanistan alla C di cocciutaggine e di cambiare. Per arrivare alla F di fiducia, parola chiave della sua campagna elettorale appassionata, e finire alla Z di zero rapporti con l’establishment della Chiesa. Per scoprire che la non violenza non è rassegnazione o attesa passiva ma coraggio, intelligenza politica e profonda conoscenza delle leggi, che l’unica cosa concreta che fa girare il mondo sono le idee, che per lei la democrazia non si può esportare ma si può sostenere chi si batte per realizzarla. Ma anche che le piaceva ballare il boogie woogie con suo padre, che studia l’arabo da due anni, che nella vita ha avuto due grandi amori ma non ha mai convissuto. Che ha conquistato negli anni una solitudine "positiva" e che a pochi giorni dal voto non ha paura. Chiede solo ai cittadini di scegliere. Di sceglierla.

Vice presidente, partiamo dal libro Alfabeto Bonino. La curatrice Cristina Sivieri Tagliabue parla di una sua biografia per parole chiave. Una sorta di alfabeto essenziale. Il risultato le piace?
Mi ha molto incuriosito, perché le parole chiave le ha scelte Cristina ed ero molto curiosa di scoprire cosa una donna di 36 anni, quindi di quasi due generazioni successive alla mia, trovava negli archivi e tirava fuori di me. Sono piuttosto contenta del risultato. È evidente che lei mi guarda con i suoi occhi, però mi rispecchio abbastanza nel risultato.

Un messaggio al lettore e all’elettore può essere anche quello: "Bene, ripartiamo dall’abc", come se anche la politica dovesse ripartire dall’abc delle persone e delle cose?

È proprio così, ripartiamo dagli essenziali. La mia impressione, come ho detto sgolandomi, è che in questi decenni sempre più abbiamo perso gli essenziali della polìtìca intesa come "chi fa che cosa". La politica sempre meno progetta, sempre più gestisce. E questo non è il suo ruolo. Noi l’abbiamo chiamata partitocrazia ma ognuno la può chiamare come vuole. Il punto essenziale è che nessuno fa più i suoi
doveri e tutto è diventato confuso. Ed è nella confusione che poi nasce la spinta all’antipolitica, alla disaffezione. La politica, invece di adempiere il suo ruolo, il suo obiettivo si è messa a gestire "in proprio". Ho avuto l’impressione, per esempio guardando le carte, che per anni sia stata più la Sanità a gestire la Regione che non l’inverso. Con una penetrazione pervasiva dei partiti e dei funzionari di partito nei campi economici, dalla Rai all’informazione. Insomma si è perso proprio il senso della distinzione delle funzioni e dei ruoli. Quindi ripartiamo dall’abc di "chi fa che cosa" .

Quattro parole chiave colpiscono e dominano la sua biografia. Disobbedienza e non violenza. Cocciutaggine e solitudine. Aspetti della sua vita su cui torna a più riprese. Quanto lega questi elementi tra di loro? La cocciutaggine le ha regalato una maggiore condizione di solitudine?
No, io non li lego. La cocciutaggine deriva un po’ dal carattere sabaudo, un po’ dall’educazione familiare e un po’ dalla scuola radicale che è una scuola di tenuta, di vera cocciutaggine su alcuni punti fermi che normalmente sono in minoranza nel ceto politico. Non so, 15 anni per avere il divorzio, 10 per avere l’aborto... poi improvvisamente o meno improvvisamente diventano più condivisi. La solitudine è un’altra cosa, nel senso che quella è proprio una conquista mia personale piuttosto lunga e impegnativa. Le spiego, io non ho mai avuto l’esigenza di convivere con qualcuno, quando l’ho fatto, l’ho fatto molto spesso per necessità, per esempio ho condiviso con amiche 30 mq a New York piuttosto che a Milano. La solitudine conquistata, come dato positivo, non ha nulla a che vedere con la convivenza o non convivenza fisica con qualcuno. È proprio il senso di non avere bisogno di essere sempre con qualcuno. Può anche darsi che sia una reazione alla vita che faccio, così pubblica. Ritrovarmi da sola diventa non solo riposo ma anche piacevolezza. In ogni caso è stata una conquista lenta e mi permette da molto tempo di essere una persona socievole
ma anche selettiva nellasua socialità.

«Lo stupore di avere incontrato una storia diversa», scrive la curatrice. La dedica «a chi legge ed elegge». Senatrice, lei ha rapporto con il denaro ridicolo, non si accorge neanche quando le scade la carta di credito e con il potere ancora peggio... in un mondo politico in cui, come si dice a Roma, "il più pulito ha la rogna", lei sembra una sorta di mosca bianca. Perché chi legge e chi elegge dovrebbe crederci?
Io sono convinta sempre di più che una qualunque alternativa di regime o di governo passa anche attraverso una alterità di comportamenti. E questa è una cosa che la scuola radicale insegna molto. Ti vaccina rispetto al, per esempio, "predicare bene e razzolare male". Detto questo, io non sono povera, vengo da una famiglia medioborghese, non mi sono fatta mai mancare niente. L’altro giorno leggevo sul supplemento del Sole 24 Ore la storia di un imprenditore, un tale Lolio, che aveva inventato la macchina elettrica poi si è trasferito in Cina... e alla fine lui dice una cosa fantastica: «Non sono diventato ricco ma mi diverto come un pazzo». In qualche modo io mi ritrovo in questo. Io ho una casa carina, una famiglia molto tenera, vado al mare. Dopodiché, i soldi quando li hai servono per comprarti delle cose. C’è chi preferisce lo yacht... io preferisco un po’ di Associazione Coscioni, un po’ di Non c’è pace senza giustizia, un po’ di campagna sulle mutilazioni. Quando posso aiuto. Per il resto penso di essere assolutamente una privilegiata perché sono riuscita a vivere e a mantenermi facendo quello che mi appassiona e quindi a volte mi distrugge... però, insomma, io non sono in
cerca di serenità.

Alla parola "zero" nel libro seguiva: «Legami con l’establishment della Chiesa zero». Questo nella vita e nella sua attività politica le ha creato problemi?
Molto probabilmente reciprocamente non abbiamo mai sentito l’esigenza di stringere rapporti. Io li ho eccellenti con tutti i religiosi e no sparsi nel mondo ma anche a Roma che si occupano delle grandi fragilità del nostro tempo, siano essi gli immigrati o i carcerati... per il resto, a parte con tutt’altro pontefice sulla campagna contro lo sterminio per fame, reciprocamente non abbiamo sentito questa esigenza.

L’ha colpita il linguaggio di Berlusconi e dei suoi alla manifestazione di sabato 20 a Roma? Il patto-preghiera, i governatori come missionari per il mondo?
Sì, sembrava la prima comunione. Sarà una strategia di comunicazione, io ho trovato questa recita dei tredici governatori "giuro nel nome della libertà..." un po’ caricaturale.

Dunque, niente riammissione della lista Pdl, niente rinvii. Siamo giunti quasi al termine della campagna, ha paura dell’astensionismo? Crede che in questo caso ci potrebbe essere un maggiore astensionismo a destra?
No. Io vorrei fare un appello comunque a scegliere. Io e Renata Polverini siamo portatrici di due visioni veramente diverse del Lazio in Italia e nel mondo, di due diverse visioni del mondo. Quindi io penso che i cittadini, se vogliono essere esigenti come è giusto che siano, devono mettere un po’ di partecipazione. Spero che questo fenomeno non ci sia e che i cittadini si assumano la loro responsabilità di fare una scelta.

Lei viene descritta come una persona che ha vissuto e si è nutrita di grandi sogni, di una politica delle idee... non ha paura che governare una Regione la costringerà a una "piccola politica"?
Io non credo. Io credo, pensi a Jean Monnet o ad Altiero Spinelli, che solo le persone che hanno grandi visioni sono poi anche dei grandi realizzatori. Chi è senza visioni, bene che vada, può reggere un consiglio d’amministrazione.  

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